Mappatura delle lotte del movimento dei contadini in Europa

Dal dicembre del 2023 l’Europa è investita da imponenti manifestazioni dei contadini contro il Green Deal dell’Unione Europea, in particolare la strategia Farm to Fork che mira a ridurre l’utilizzo di fertilizzanti chimici e pesticidi nell’agricoltura e favorire la conversione al biologico delle coltivazioni per ridurre le emissioni di anidride carbonica, la liberalizzazione degli scambi con i paesi del Mercosur, la riduzione dei sussidi ai carburanti e l’ingresso nell’Unione dell’Ucraina.

Ad aprire le danze è stata la Germania dove il governo Scholz si è mosso per cancellare i sussidi al diesel agricolo e l’esenzione della tassa sui veicoli agricoli. Queste decisioni nascono dalla sentenza della Corte Costituzionale tedesca che ha impedito di utilizzare per altri scopi i fondi per la lotta al Covid-19 avanzati, generando un buco nel bilancio statale che ha imposto di rivedere il piano di indebitamento della Germania. Il già debole governo tedesco si è visto invadere Berlino da parte della Deutscher Bauernverband che riunisce il 90% delle 300.000 imprese agricole tedesche con l’obiettivo di imporre un passo indietro al cancelliere Scholz.

Come sostiene Sebastiano Canetta1 sul Manifesto, il settore vedrà il proprio finanziamento pubblico ridotto di oltre 1 miliardo mentre deve sostenere la concorrenza dei paesi dell’Est Europa. In un contesto di imponente avanzata dell’estrema destra non stupisce che i volantini e le parole d’ordine di AfD stiano facendo breccia in questo movimento. Diversa è la situazione della vicina Francia dove le proteste hanno assunto una forma maggiormente violenta, caratterizzata da frequenti blocchi stradali e azioni contro edifici governativi. Su Jacobin Italia2 è uscito un lavoro molto interessante di William Bouchardon che permette di fare luce sulle contraddizioni di questo movimento, portando riflessioni utili anche per analizzare la situazione italiana.

La rivolta degli agricoltori a Berlino

Nonostante la violenza che caratterizza queste manifestazioni, il governo francese ha deciso di non ricorrere allo strumento della repressione. I motivi sono sia squisitamente politici, i manifestanti hanno il sostegno di oltre l’80% della popolazione francese e sono una porzione di elettorato molto ambita, sia logistici. Le modalità con cui protestano, utilizzando i trattori, e le caratteristiche dei contadini, spesso sono anche dei cacciatori e quindi molto probabilmente sono armati, rendono difficile reprime queste manifestazioni.

Infine esiste una convergenza tra le maggiori organizzazioni del settore e il governo. Entrambi hanno un’idea dell’agricoltura orientata all’esportazione e all’aumento della produttività della terra attraverso la chimica, l’agricoltura di precisione e gli OGM. Bouchardon sostiene che le mobilitazioni sono finalizzate ad alzare la posta in palio nelle trattative con il governo e per controllare le Chambres d’agricolture. I motivi per mobilitarsi, in ogni caso, non mancano di certo. Ad esempio tra la fine del 2021 e il secondo trimestre del 2023 il margine lordo dell’industria alimentare è passato dal 28% al 48%. Molti prodotti, come il latte, vengono venduti in perdita oppure gli agricoltori subiscono i rincari dei prezzi di sementi, fertilizzanti e macchinari agricoli. Di conseguenza diventano vitali i sussidi pubblici. Parliamo in particolare della Politica Agricola Comune europea (PAC). Tuttavia il loro accesso richiede una serie di procedure burocratiche che finiscono per ostacolarne l’ottenimento, lasciandoli nelle mani dei soli grandi produttori. Sempre a causa delle politiche europee, i piccoli produttori rischiano di pagare caro la concorrenza generata dai trattati di libero scambio con i paesi del Mercosur che non rispettano le stesse regole vigenti in Europa per quanto riguarda la produzione agricola. A tutto ciò dobbiamo sommare il potenziale ingresso di un paese come l’Ucraina che inevitabilmente modificherà la ripartizione dei fondi della PAC.

Nelle loro mobilitazioni, tuttavia, le principali organizzazioni di categoria finiscono per puntare il dito contro la transizione ecologica e i suoi costi, attaccano la conversione all’agroecologia e la fine dei sussidi al carburante. La loro soluzione è l’intensificazione dello sfruttamento capitalistico della terra attraverso l’agricoltura di precisione, la chimica e gli OGM. Sono proposte legate alle controtendenze alla crisi ecologica generata dalle dinamiche distruttive del capitalismo, spostando le sue contraddizioni ad un livello superiore ma senza eliminarle.

Sui costi della transizione ecologica è possibile articolare una serie di azioni e proposte volte a rompere l’unità del mondo contadino. Bouchardon afferma che le grandi organizzazioni di categoria difendono solamente i grandi produttori. Su Global Project questo aspetto è sottolineato in maniera chiara dalla contadina Morgan Ody appartenente all’organizzazione Confédération Paysanne.

“I dirigenti della FNSEA sono davvero l’1% contro il 99%. Arnaud Rousseau ne è davvero la caricatura, è un grande industriale dell’agro, estremamente ricco, che possiede 700 o 800 ettari, che non è affatto il caso per il 99% degli aderenti alle FDSEA (ndt, federazioni dipartimentali di sindacati di cui è composta la FNSEA). C’è quindi un divario sempre più grande tra questa piccolissima élite che è molto vicina al governo, che prende decisioni mano nella mano con lui, e le persone, sindacate o meno, sul campo, che siano nei modelli bio o no”3.

La realtà a cui Ody appartiene è consapevole che il problema dei contadini non risiede nella transizione ecologica ma nell’indebitamento, nei redditi bassi e nell’enorme carico di lavoro a fronte di magri guadagni. Le imprese agricole subiscono, inoltre, dei prezzi determinati in larga parte dalla grande distribuzione e che sono fissati indipendentemente dai costi sostenuti. Ancora una volta dobbiamo volgere lo sguardo verso un paese retto da un governo amico dei lavoratori come la Spagna per capire quale potrebbe essere una risposta adeguata a questo problema. Il governo spagnolo ha imposto alla grande distribuzione di non comprare i prodotti agricoli sotto i loro costi di produzione e offre la possibilità ai contadini di denunciare eventuali pratiche scorrette sulla determinazione del prezzo di cui, sostiene Ody, solo il 15% rimane all’agricoltore e il restante 85% finisce per ingrassare le altre industrie della filiera del cibo. Di conseguenza, passare ad un altro modello di agricoltura, se non vogliamo strozzare consumatori e produttori, magari alimentando dinamiche di centralizzazione del capitale con il fallimento delle piccole imprese, deve portare con sé la riduzione degli utili di queste imprese.

Ricordiamoci, come suggerito delle analisi che abbiamo proposto sull’inflazione da profitto, che le imprese di produzione e distribuzione degli alimenti operano in regime di oligopolio.

“Queste imprese sono in grado di aumentare i propri prezzi al fine di mantenere o aumentare i propri margini di profitto per rispondere ad un aumento dei costi di produzione oppure ad un clima di incertezza. […] I prezzi praticati dai settori che comprendono gli oligopoli dell’energia e della produzione e distribuzione di prodotti alimentari, rappresentano una parte consistente dei costi che devono affrontare le restanti imprese. Un aumento dei prezzi praticato in questi settori, associato agli extraprofitti, ha rapidamente un effetto di propagazione dell’inflazione verso i restanti settori dell’economia”4.

Manifestazione di agricoltori in Francia

Questo argomento ci permette di introdurre la situazione italiana ai nostri lettori. Su Collettiva5 Giuseppe Carotenuto, presidente dell’Alpaa, sostiene che diversamente dalla Francia e la Germania, dove le proteste sarebbero scoppiate sui costi della transizione ecologica, in Italia le manifestazione dei contadini nascono dai costi dell’energia, dei fertilizzanti e delle sementi. Tutto ciò si somma ad un costo contenuto a monte e gonfiato al consumatore finale e alla decisioni di governo di tagliare l’esenzione Irpef agli agricoltori. I contadini in massima parte contestano Fratelli d’Italia e le principali organizzazioni di categoria come Coldiretti ma sembrano ancora avere un atteggiamento dialogante con il governo, specialmente con la Lega.

Fabrizio Garbarino, contadino e allevatore legato all’esperienza dell’Associazione rurale italiana, sul Manifesto del primo febbraio 2024 mette invece in risalto un dato comune alla situazione francese. Anche nel nostro paese gli agricoltori mostrano una forte sofferenza verso le principali organizzazione della categoria a causa di forti differenze tra le imprese coinvolte nelle manifestazioni che generano condizioni e interessi diversi. C’è chi riesce a ricevere fino a 3000 euro di sostegni europei e chi ne riceve 500.000 dice Garbarino. I fondi vengono distribuiti in base agli ettari posseduti e non alle modalità con cui la terra viene coltivata. Le politiche europee contro cui stanno manifestando sono figlie delle pressioni delle grandi aziende agricole che hanno reso più fragile l’intera industria. Garbarino fa riferimento ai processi di finanziarizzazione dietro la fissazione del prezzo del grano. Analizzando il libro di Alessandro Volpi Prezzi alle stelle. Non è inflazione, è speculazione ne abbiamo già discusso.

“La speculazione non è circoscritta al solo mercato energetico ma riguarda anche il mercato dei cerali, con tutto ciò che comporta un maggiore costo di questa risorsa alimentare per i paesi del Sud Globale e il nostro carello della spesa. Volpi sostiene che queste dinamiche non siano da ricondurre ad una minore quantità di grano a disposizione perché la causa effettiva è nella finanziarizzazione del suo prezzo. Anche in questo mercato rientrano in gioco i derivati. Originariamente erano degli strumenti pensati per consentire agli agricoltori di vendere il proprio grano prima del raccolto per poter ottenere le risorse necessarie all’acquisto di sementi. Venivano pagati solamente a raccolto avvenuto. La loro successiva evoluzione li rese una scommessa sul futuro prezzo del grano, contribuendo alla crisi del 1929. Vennero banditi da Roosevelt e solo alla fine degli anni ’90 tornarono in gioco con il Commodity Futures Modernization Act, coinvolgendo anche soggetti estranei alla produzione del grano nella scommessa del suo futuro prezzo. Questa è la reale causa dell’impennata del prezzo di questa risorsa a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e spiega come sia possibile un simile aumento nonostante l’ampia disponibilità a livello globale del grano. La finanziarizzazione dell’economia ha reso possibili le scommesse sui derivati che non tengono minimamente conto del reale andamento del mercato”6.

La protesta degli agricoltori si sposta in Italia

Garbarino propone le seguenti misure per aiutare le piccole aziende agricole:

“Sono necessarie misure specifiche per le aziende di piccola e media dimensione – che tra l’altro sono quelle che hanno meglio resistito ai colpi imprevisti come il Covid – per sostenerle nella transizione ecologica. Chi produce il cibo non ha gli stessi problemi di chi lo fabbrica. Non servono solo risorse finanziarie ma anche una fiscalità specifica, una burocrazia alleggerita sia dal lato delle misure sanitarie aziendali che da quello delle procedure amministrative (allevare 100 capre non è come allevare 600 vacche da latte). Abbiamo bisogno di una difesa giuridica delle attività che fanno vivere il sistema sementiero contadino e di una revisione dei contratti di vendita dei prodotti agricoli che consenta di rafforzare le capacità di negoziato con gli acquirenti. Infine è tempo di democratizzare la rappresentanza”7.

Gli risponde sullo stesso giornale Enrico Pugliese che mette sul tavolo delle obiezioni su cui tutti dobbiamo riflettere. In primo luogo dal dibattito non è mai emersa la figura del bracciante, spesso migrante, su cui poggia la produzione agricola basata sul modello chiamato cheap food – cheap labour. In secondo luogo, rafforza la tesi della non omogeneità degli agricoltori in lotta a partire dal secondo pilastro su cui si base la nostra agricoltura, ovvero i sussidi pubblici.

“I primi prendono più soldi non solo perché sono più grandi ma perché producono a costi unitari sempre più bassi rispetto a quelli dei piccoli che vivono le effettive difficoltà. Infatti le grandi aziende sono all’avanguardia nella produzione e nella tecnologia.

La linea di sviluppo tecnologico dominante si fonda su tre cardini: in primis sulla chimica (per fertilizzanti e pesticidi), poi su una meccanizzazione sempre più costosa e basata su macchinari complessi e infine sulla ricerca biotecnologica (compresi più di recente gli Ogm, etc.)”8.

Per concludere, la posizione dei comunisti dovrebbe essere funzionale al consolidamento di un’alleanza tra piccole imprese agricole, ambientalisti e lavoratori nella cornice di una transizione ecologica che conceda gli adeguati sussidi per lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile vincolati alla tutela dei diritti dei lavoratori agricoli. In assenza di una simile operazione c’è il concreto rischio di vedere questi movimenti totalmente egemonizzati dall’estrema destra negazionista del cambiamento climatico. L’obiettivo delle loro critiche rischia di essere il cosiddetto estremismo ambientalista, per esempio attaccano l’utilizzo dei loro terreni per produrre energia rinnovabile nel momento in cui avanza il consumo di suolo e non vengono obbligati i capannoni industriali a dotarsi di pannelli fotovoltaici, invece delle dinamiche che abbiamo provato a descrivere.

  1. Sebastiano Canetta, A Berlino arriva la protesta dei trattori, un’altra grana per il cancelliere Scholz, https://ilmanifesto.it/a-berlino-arriva-la-protesta-dei-trattori-unaltra-grana-per-il-cancelliere-scholz, Il Manifesto 19/12/2023 ↩︎
  2. Si veda William Bouchardon, La rivolta dei trattori, https://jacobinitalia.it/la-rivolta-dei-trattori/, Jacobin Italia, 02/02/2024 ↩︎
  3. Intervista uscita originariamente su Lundimatin e tradotta in italiano da Riccardo Canino, Decifrare il movimento degli agricoltori. Conversazione con Morgan Ody, contadina francese, https://www.globalproject.info/it/mondi/decifrare-il-movimento-degli-agricoltori/24794, Global Project 03/02/2024 ↩︎
  4. Collettivo Le Gauche, Inflazione: una bussola per orientarsi, https://www.legauche.net/economia/una_bussola_per_orientarsi/, 29/11/2023 ↩︎
  5. Patrizia Pallara, Agricoltori, costi alle stelle e filiera ingorda, https://www.collettiva.it/copertine/italia/agricoltori-costi-alle-stelle-e-filiera-ingorda-yl7pkgvf, 02/02/2024 ↩︎
  6. Collettivo Le Gauche, La speculazione dietro l’inflazione. L’analisi di Alessandro Volpi, https://www.legauche.net/economia/speculazione-inflazione-volpi/, 16/12/2023 ↩︎
  7. Fabrizio Garbarino, Alle radici della rabbia di un mondo diviso, https://ilmanifesto.it/alle-radici-della-rabbia-di-un-mondo-diviso, Il Manifesto 01/02/2024 ↩︎
  8. Enrico Pugliese, Alle origini corporative della “rabbia dei coltivatori”, https://ilmanifesto.it/alle-origini-corporative-della-rabbia-dei-coltivatori, Il Manifesto 03/02/2024 ↩︎

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