Con l’affossamento della legge sullo Ius Soli da parte del governo in parlamento si è alzato l’ennesimo polverone riguardo a questo argomento. Tralasciando il discorso della presenza dei numeri anche al Senato e il necessario appoggio di un alleato piuttosto voltagabbana come Alfano, cerchiamo di prendere in esame maggiormente di cosa tratta questa legge. Innanzitutto bisogna partire dal presupposto che questo provvedimento governativo prevede due legislazioni precise:
- • Lo ius soli temperato: si intende che può far richiesta di cittadinanza chi è nato in Italia da genitori stranieri, di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno lungo e residente nel nostro Paese legalmente e in via continuativa da almeno cinque anni. Si differenzia dallo ius soli puro che prevede la cittadinanza automatica a chi nasce in un certo territorio. È così ad esempio negli Stati Uniti o in Brasile.
- Lo ius culturae: cioè potrà acquisire la cittadinanza il minore nato da genitori stranieri oppure arrivato in Italia prima dei 12 anni a condizione che abbia frequentato un percorso formativo per almeno 5 anni. Potrà anche chiederla chi non ancora maggiorenne sia entrato in Italia, vi risieda da almeno 6 anni e abbia frequento un ciclo scolastico o un percorso di istruzione professionale, ottenendo un titolo di studio. In ogni caso è necessaria una dichiarazione di volontà di un genitore o di chi esercita la responsabilità genitoriale, da presentare al Comune di residenza entro il compimento della maggiore età.
Spiegato ciò, ora posso esprimere il perché trovo questo provvedimento, nonostante sia stato proposto da un governo completamente lontano dalla sinistra vera o da qualunque tendenza socialista effettiva, un ottimo modo per risolvere alcuni dei problemi principali del multiculturalismo, che mi hanno fatto sempre riflettere.
Bisogna dire che è molto importante il ruolo della scuola per la formazione dell’individuo e su come dovrà affrontare la società del domani e il mondo del lavoro nello stato attuale delle cose. Tutto ciò dovuto alle esperienze che un ragazzino fa durante i suoi studi, imparando a rapportarsi con gli altri e come gestire varie situazioni. Questo potrebbe già bastare per la formazione di un qualunque ragazzino, ma il problema si pone per la possibile ghettizzazione dei futuri ragazzini figli di stranieri che sono già nati e che nasceranno in Italia.
Mi è infatti capitato di vedere un gruppo di cinque ragazzini di origini cinesi che giocavano a pallone fra di loro, parlando costantemente e solo in cinese, mentre i ragazzini italiani giocavano a calcio da un’altra parte. Non escludo che possa essere un caso quell’evento, ma ho visto situazioni simili con ragazzini di origini mediorientali o est europee. Il ruolo della scuola in ciò è proprio mettere nelle classi ragazzini di varia provenienza per creare un’ambiente accogliente e inclusivo, in modo tale che tutti i ragazzini, italiani e stranieri, possano passare sereni questa parte della loro vita. Tutto ciò deve essere incentivato dalle attività dei docenti e dei presidi che devono favorire nel loro lavoro l’operazione d’integrazione e scongiurare possibile razzismo o xenofobia e non creare inquietudine nei ragazzini stranieri per nella nuova nazione accogliente, in modo tale che i giovani siano già abituati a vivere in una società multietnica e senza pregiudizi infondati. Ovviamente al percorso dell’integrazione sociale scolastica deve essere accompagnato anche l’apprendimento linguistico dell’italiano, in modo tale che i ragazzini si possano esprimere e possano scrivere, senza creare problemi di comprensione.
Oltre al ruolo della scuola per l’integrazione, serve anche l’impegno dei genitori per evitare che i ragazzi dimentichino le proprie origini e possano trasmettere alle generazioni future il loro patrimonio culturale. Questo può contribuire ad arricchire la stessa del paese accogliente, vedendo nuovi metodi di pensiero o nuove idee, come avveniva nelle civiltà dell’era antica con gli scambi commerciali. Tutto ciò nel completo rispetto delle leggi italiane, andando ad eliminare o a modificare certi concetti arretrati o pericolosi di certe religioni (come il pugnale per i Sikh, adesso in plastica).
In questo modo, il futuro ragazzino non sarà snaturato dalle proprie origini, non si sentirà escluso dalla società nella quale vive e non avrà desideri malati di rivalsa, come è accaduto tristemente negli ultimi anni.
Naturalmente questo processo non prevede assimilazione culturale, ossia l’obbligo dell’uso dei costumi del paese accogliente attraverso leggi, ma prevede un processo d’integrazione progressivo generazionale. Oramai con l’avvento del terrorismo di matrice estremista islamica in Europa ha creato scompiglio e paure infondate da parte delle popolazioni, le quali iniziano a credere nei muri di pietra e culturali e nel fallimento del multiculturalismo.
La paura per il diverso però prima o poi sparirà, come anche terminerà questa fase di terrorismo. In quel momento potremo solo aprire definitivamente gli occhi: vedremo come i ragazzini oramai non più stranieri si sentano a casa nel nostro paese.
— Compagno Leonardo
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