La campagna elettorale si apre con l’ipotesi della leva obbligatoria

Seguendo l’onda della deriva autoritaria dei partiti austriaci, il tutto per favorire un’alleanza col principale vincitore delle prossime elezioni del Nationalrat, Norbert Hofer del FPÖ, la ministra per la Difesa Roberta Pinotti ha paventato l’idea di una reintroduzione della leva militare obbligatoria in Italia, dopo la sospensione del 31 dicembre 2004.

Al congresso nazionale degli alpini a Treviso, infatti, la ministra si era espressa a favore di un’ipotetica revoca della sospensione della leva, inizialmente in funzione di un servizio civile obbligatorio, da estendere in seguito alle forze armate, come «una riproposizione a tutti i giovani e alle giovani di questo paese un momento unificante, non più solo nelle forze armate ma con un servizio civile che divenga allargato a tutti – si legga “obbligatorio“– ed in cui i giovani possono scegliere dove meglio esercitarlo è un filone di ragionamento che dobbiamo cominciare ad avere». Quindi, secondo il ragionamento malato della ministra, probabilmente non orfano da parte di altre menti eminenti della rappresentanza dei nostri padroni, la naja serve a imporre schemi d’obbedienza nei confronti dello Stato e delle sue braccia armate ai giovani subalterni, così da ridurre sul nascere scoppi insurrezionali tra i lavoratori italiani, per asservirli alle gerarchie economiche che governano la società capitalista allo stesso modo di quelle medesime, esasperate nell’esercito e nei servizi militari di sorta. Ciò al contempo però potrebbe dare modo ai lavoratori coscienti di essere addestrato dai suoi stessi aguzzini, e di compattare gli sfruttati per sovvertire l’ordine costituito.

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Tralasciando la basilare funzione indottrinatoria di questa ideuzza che vaga nella nostra “classe dirigente”, è «la messa in pratica« di quest’intenzione ministeriale che «induce a pensare sia, fortunatamente, solo una trovata elettorale« per i tankies destrofili del sempre più ad personam Partito Democratico: le caserme che dovrebbero ospitare i coscritti, da quel 1 gennaio 2005 sono state smantellate, abbandonate e lasciate decadenti, o riconvertite in campi profughi; l’addestramento sarebbero ulteriori soldi che escono dalle già scarse casse dello Stato, con i conseguenti tagli sulla sanità e l’istruzione. La beffa della legge Martino e del Codice dell’ordinamento militare sta nell’aver ignorato assolutamente, nonostante per la redazione di quest’ultimo si sia andati a riformare l’ordinamento militare controllando leggi addirittura degli Stati preunitari, tutto l’apparato burocratico che sta dietro alla leva, sospesa, e mai abrogata. In un’intervista al Gazzettino dell’impiegato all’Ufficio Leva del Comune di Venezia, emerge il significato della sospensione della leva: ogni anno si devono compilare le schede coi dati dei sedicenni maschi di quell’anno da inviarsi, tramite un programma obsoleto e scomodo, al Comando Militare, per dei soldati che mai saranno in una caserma e non imbracceranno mai alcun fucile. Ad esempio, per il 2016 sono nati 274.173 maschi, tutti schedati ed inviati: una mole di dati da impegnare un quinto dell’orario di lavoro annuale, poi esposta all’Albo Pretorio dal 1° al 15 febbraio per eventuali e distopici ricorsi. Burocraticamente la leva non è mai cessata.

Nel caso del servizio civile obbligatorio, sarebbe una prosecuzione della tanto contestata Alternanza scuola-lavoro, ossia manodopera gratuita per le aziende più o meno affiliate allo Stato, che tra l’altro dovrà sostenere il mantenimento di questi schiavi, e dunque sempre rimarcando le gerarchie sociali capitaliste, senza contare gli effetti di un ulteriore abbassamento del costo del lavoro, già in caduta a causa dell’immigrazione: perché, infatti, un datore di lavoro dovrebbe pagare qualcuno per un lavoro che gli viene potenzialmente svolto gratuitamente, se non andando a lenire le 8 ore e le ferie obbligatorie?

Evviva la leva, dunque, evviva lo sfruttamento.

— Compagno Emanuele

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