Il Movimento 5Stelle? Come gli altri: un partito della classe dominante.

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Nell’intervista domenica scorsa al candidato primo ministro Luigi Di Maio presso la trasmissione Che tempo che fa? di Fabio Fazio, sono emerse diverse caratteristiche di uno dei principali partiti della scena politica italiana.

Il Movimento Cinque-Stelle, infatti, si presenta dietro alla pura retorica di partito d’innovazione e d’ispirazione popolare, come mera espressione della classe dominante, dunque come falsa alternativa alle altre formazioni politiche. L’affermazione del signor Di Maio sulla squadra di Governo, lungi dall’essere ancora presentata, di voler coinvolgere «professionisti competenti nel loro ambito: industriali, imprenditori per creare posti di lavoro» nel governo del Paese dimostra chiaramente di voler ripetere modelli già falliti clamorosamente in Italia. Infatti, il ventennio di governo discontinuo dell’industriale Silvio Berlusconi, peraltro condannato nel 1992 per legami con la mafia e le sue stragi, in realtà è il preciso antecedente di porre direttamente degli uomini d’affari al potere, da cui nominalmente i pentastellati asseriscono di volersi distaccare presentando una nuova politica per la nascita della cosiddetta “Terza Repubblica”. Tali soggetti infatti perseguono principalmente, e spesso esclusivamente, i propri interessi, e non della nazione, tantomeno del popolo, inoltre è una prova evidente del fatto che lo Stato sia il mezzo di governo e controllo della classe dominante sulle subalterne, tanto da far intervenire direttamente esponenti della prima per la repressione e l’eliminazione sostanziale della coscienza della seconda.

Infatti, tra Partito Democratico, Movimento Cinque-Stelle, Forza Italia, Lega Nord e partiti corollari, non emerge mai una caratterizzazione popolare e lavorativa della propaganda di partito, anzi, si preferisce «investire nelle imprese per creare posti di lavoro», come decantato da tutte le segreterie e candidati premier, ma non per migliorare le condizioni dei lavoratori che via via stanno peggiorando, un aggravamento causato dalle riforme pensionistiche e lavorative che gli stessi partiti incentivano. Ciò marca il fatto di come il voto sia, in questo periodo “post-ideologico”, inutile, se è per scegliere solo i nomi, e non le ideologie. Persino i sedicenti partiti comunisti-socialisti-socialdemocratici, di qualsiasi corrente e frangia, cancellano gli attributi popolari della loro programmazione sotto una polverosa e anacronistica rigidità élitaria di quelle nomenklaturine ridicole di partitini altrettanto ridicoli. Il fatto ironico del fenomeno di distaccamento dei partiti dalle masse, in un tripudio di propaganda accusata di populismo da ogni parte, ma che in sostanza produce il 50% dei votanti come astenuti, è proprio l’astensione. Più le organizzazioni partitiche si evolvono verso una palese guerra di classe contro le istanze di un popolo atrofizzante, più quello stesso popolo si estranea passivamente dalla vita politica.

Serve un elettroshock per convogliare la lotta silenziosa dell’astensionismo in un partito di massa, per la massa e con la massa.
E quell’elettroshock è il materialismo.

— Compagno Emanuele

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