L’evoluzione dei fatti in Catalogna ha risposto alle nostre previsioni. La dichiarazione d’indipendenza disarmata, la fuga e gli arresti dei ministri e delle autorità della Generalitat alla periferia d’Europa hanno inoltre risvegliato le preoccupazioni eurotedesche sull’indipendentismo e sul secessionismo.
Ma perché l’Unione Europea e la Germania ostacolano apertamente qualsiasi forma, anche cauta e vagamente accennata di indipendentismo o riconoscenza delle istanze secessioniste con varie concessioni federali? Al contrario di ciò che asseriscono i più dei pensatori e dei giornalisti fascisti attuali, l’Unione Europea è infatti radicalmente avversa all’indipendentismo regionale, per la principale ragione che ciò può apertamente influenzare il pensiero popolare e istituzionale di un indipendentismo dall’Unione stessa. Questo è inoltre comprovato dal fatto che la gran parte dei partiti indipendentisti è “euroscettica” e propaganda un’emancipazione sia dallo Stato-Nazione che, di riflesso, dall’Unione sempre più accentratrice, già minata dalla presenza riscontrabile di partiti “sovranisti” contrari alla burocrazia comunitaria.
I fatti catalani stavolta si presentano come un’eccezione: un indipendentismo eurofilo autodistruttivo, siccome l’Unione non ha minimamente sorretto le istanze indipendentiste sebbene fossero a suo favore, proprio a causa dell’effetto domino che le si rivolterebbe contro. L’indipendentismo locale non giova a Bruxelles, contrastando l’analisi postfascista del “Primato Nazionale”, perché se da una parte teorica la frammentazione degli Stati tendenzialmente nazionali consolidatisi fino al secolo scorso le conferirebbe una maggiore autorità economica, dal punto di vista reale solo l’indipendentismo catalano e scozzese si risolvono a favore delle istituzioni europee, che verrebbero indebolite con un divampare del secessionismo antieurocentrico, di gran lunga più diffuso. In particolare, nel nostro Paese, fondatore storico dell’UE, è evidente la conversione di fatto di un partito originariamente indipendentista, come la Lega Nord, in un partito di respiro più nazionalista (teoricamente passando da un nazionalismo-secessionismo locale ad uno europeo). L’aumento dei consensi, seppur limitato rispetto ai record storici, esprime veridicamente il sintomo del fatto che il secessionismo europeo affascina le masse, poiché conferisce tutti i mali della società ad una presenza lontana ed esterna, come viene percepita la burocrazia europea. Inoltre, gli ambienti più conservatori agevolano e appoggiano tale pensiero, avendo sempre malvisto l’esalazione liberale eurofila.
Benché il nazionalismo-secessionismo sia rimasto sostanzialmente lo stesso, solo trasposto a livello di “nemico degli interessi nazionali”, il suo uso nella forma antieurocentrica si è consolidato vistosamente in ambienti sedicenti comunisti, ignorando l’internazionalismo salariato in favore di un nazionalismo in retorica novecentesca. I due partiti maggiori di questa risma, il Partito Comunista personificato col “gensek” Rizzo e il Partito Comunista Italiano della reincarnazione dell’Enrico in terra, Mauro Alboresi, sono gli esempi chiari di un’interpretazione censurata e distorta del marxismo, che sostituisce alla solidarietà internazionale dei subalterni il becero nazionalismo, e alla rivoluzione le elezioni e l’utopia.
Compagno Emanuele
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