Il Giorno della Memoria. La «damnatio memoriae» liberale che agevola l’odio etnico.

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Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa entrava ad Auschwitz, l’odierna Oświęcim, svelando al mondo le ciniche opere di sterminio da parte del regime nazista, che a Norimberga provocarono lo sgomento dei giornalisti e l’inquietudine dei gerarchi hitleriani. Oggi, sono stati diffusi, tramite principalmente la letteratura e la cinematografia, testimonianze dei superstiti, gli avvenimenti tra i fili spinati dei campi di concentramento in Europa Centrale.

Tuttavia, soprattutto negli ultimi decenni, si fanno indentificare il razzismo, l’antisemitismo col nazismo e col fascismo, coprendo l’analisi di queste sue deviazioni del pensiero umano con i fatti freddamente calcolati di un genocidio. Risulta evidente come non si voglia incentivare e fomentare riflessioni al riguardo: la società e la propaganda dominante evitano che qualcuno rimugini oltre allo sgomento ben sfruttato di quella che fu una delle pagine più buie della storia dell’umanità. Si rischia una banalizzazione, un’abitudine allo sterminio, che oltre ai fedeli di Yhwh, coinvolse dapprima gli oppositori politici, tanto che il presidente del Partito Comunista Tedesco, Ernst Thälmann, fu freddato a Buchenwald nel 1944.

Siccome la maschera che l’ideologia dominante liberale paventa davanti alle storture del cosiddetto «nazifascismo» è del mero sterminio, si evita lo studio e l’analisi approfondita di queste due ideologie, così che si riscontrano le stesse dinamiche in due principali scenari: in Israele e in Europa.

Il fatto che il popolo ebraico abbia subito feroci persecuzioni nella Storia, culminate con la Shoah, induce a giustificare la segregazione e la pulizia etnica dei palestinesi; del sionismo moderno, rappresentato dal presidente d’Israele Benjamin Netanyahu e dal suo partito liberale. Lo spostamento sistematico di comunità palestinesi in aree desertiche e la loro segregazione tramite il celebre muro che le divide dagli “insediamenti” israeliani sono degli esempi chiari di un effettivo razzismo e di una sanguinaria divisione etnica, a cui fanno seguito le vere e proprie opere di genocidio quando la comunità palestinese, esasperata dalla potenza economica dell’invasore, reagisce debolmente. Tutto ciò avviene perché gli ebrei sono avvertiti in modo commovente come le vittime per antonomasia, per cui non ci si rende conto delle azioni oppressive del loro governo e della loro classe dominante.

In seconda istanza, nel fronte europeo della questione, la demonizzazione delle ideologie «nazifasciste» basata sui dogmi incontestabili dell’Olocausto distorce e distrugge pagine di Storia europea. Sembra che l’antisemitismo sia una caratteristica peculiare del nazismo o del fascismo. In realtà, fin dalla crociata dei pezzenti, passando per la limpieza de sangre che ha caratterizzato tutta la modernità spagnola e per finire col Ghetto a Venezia, sono evidenti e purtroppo diffusi nella Storia gli episodi di antisemitismo. Si induce difatti una demonizzazione del nazionalsocialismo che preclude ai più la volontà di conoscere il delirio filosofico dei suoi ideatori, e così di combattere il nemico, piuttosto che nasconderlo. Per tornare ad episodi più vicini, in Germania i partiti antisemiti ebbero cinque seggi nel 1890, nonché il sindaco di Vienna dal 1897 al 1910, Karl Lueger, fece dell’ antisemitismo uno slogan politico.

Su questo particolare aspetto è da porre un accento. Il signor Lueger divenne sindaco fomentando l’odio razziale nei confronti di una minoranza, che rappresentava sì banchieri e industriali, ma soprattutto persone normali, lavoratori, studenti e studiosi perfettamente integrati culturalmente nella popolazione etnicamente tedesca. Istigando alla diffidenza e alla paura, seppur mantenendo le promesse con un’epurazione degli ebrei dall’amministrazione comunale, una parte politica e più precisamente, un soggetto, ottenne il potere. È allarmante il fatto che si istighi all’odio anche in Italia, ma stavolta con l’uso come spauracchio dei profughi e degli immigrati, paventando stupide e malate idee di una notte degli stupri per «far cadere nel terrore gli italiani e darci in mano il potere, rappresentando l’organizzazione forte», come sostengono dei nazisti del nostro secolo.

Ovviamente il Giorno della Memoria è una cosa che non sta funzionando, perché di fatto sta tornando non poco in auge una diffusa retorica di estrema destra. E invece di fare da reale contrasto, anche lieve, ma esistente, le celebrazioni fredde e automatiche del dolore verso uno sterminio anch’esso freddo e automatico, sta regalando a quelle ideologie basate sulla paura e sull’oppressione la parte da vittima della Storia, cantando a squarciagola gli inni de «la Storia la scrivono i vincitori».

Il Giorno della Memoria, celebrato, mai discusso, sta cibando gli stessi che resero quegli episodi una macchia indelebile della Storia umana.
È compito di ognuno fare in modo che la macchia non permei anche nelle pagine bianche, per il futuro.

—Compagni Emanuele, Emilio, Riccameni

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