Spartaco, l’uomo che sfidò l’impero

Chi è Spartaco?

Si sa poco di preciso sulla sua giovinezza, si sa soltanto che nacque tra il 111 ed il 109 a.C. da una famiglia nobile locale della Tracia. Intraprese la carriera da condottiero e fece parte dell’esercito Romano però la ferrea disciplina che dovette sopportare all’interno della milizia lo convinse a disertare e proprio per questo, una volta catturato, fu ridotto in schiavitù molto probabilmente insieme a sua moglie.

Gli storici hanno diverse teorie circa l’origine del suo soprannome “Spartacus”: alcuni credono che possa essere la latinizzazione di “Sparadakos” che significa “famoso per la sua lancia” o di “Spartakos” che forse fa riferimento a qualche particolare luogo della Tracia o il nome di qualche leggendario sovrano locale, o come un possibile riferimento alla città stato greca di Sparta, la città guerriera per antonomasia nell’immaginario antico.

Lo Spartaco gladiatore e la III Guerra Servile

Nel 75 a.C. Spartaco fu venduto a Lentulo Battiano, un organizzatore di spettacoli circensi che possedeva una scuola di gladiatori a Capua, quindi egli fu costretto a combattere contro belve feroci e contro altri gladiatori. Esasperato da queste condizioni inumane, insieme ad altri 70 gladiatori, armati soltanto di attrezzi da cucina, riuscì a scappare impossessandosi quindi delle armi e delle armature per gladiatori contenute nell’armeria e si rifugiarono alle pendici del Vesuvio ed elessero come capo dei ribelli Spartaco, Enomao e Crixio.

Mosaico dei Gladiatori, Villa Borghese, Roma

Il senato romano inviò in rapida successione due pretori, prima Caio Claudio Glabro e poi Publio Varinio, in Campania per reprimere la rivolta. Dato che non esisteva un esercito permanente ben addestrato dato che si arruolava solo a ridosso delle campagne militari ed i legionari e la maggior parte di loro erano aristocratici arruolatosi come volontari, Glabro arruolò strada facendo 3000 soldati inesperti e mal addestrati. Nemmeno i plebei legionari, che non avevano in questo caso prospettivi di bottini di guerra, né speranza di saccheggio, né premio di congedo, presero la cosa sul serio, per cui si arruolarono solo i più disperati. I patrizi, che erano soliti offrirsi volontari per andare a difendere Roma quando c’erano problemi ai confini, non si arruolarono perché appariva poco onorevole battersi con gladiatori, schiavi e disertori ed anche per questo che i due consoli non intervennero subito.

Le forze di Glabro assediarono gli schiavi sul Vesuvio bloccando l’unica via d’uscita nota accontentandosi quindi di attendere finché la fame e gli stenti avessero costretto i ribelli ad arrendersi. Le forze di Spartaco intelligentemente usarono i materiali del luogo per fabbricare delle corde e scendere dalle pareti della montagna dalla parte opposta in cui erano situate le truppe di Glabro; dopo aver circondato l’accampamento romano, attaccarono alle spalle le forze armate cogliendole di sorpresa, trucidando così gli uomini di Glabro. Alla notizia del successo militare, accorsero tra le fila dell’esercito di Spartaco un enorme numero di schiavi fuggitivi, pastori e contadini poveri dei dintorni del Vesuvio fin quando fu spezzato l’assedio posto dalle legioni romane intorno al Vesuvio e furono nettamente sconfitte in Campania. Il successo militare più eclatante ottenuto dai rivoltosi fu quello conseguito contro il pretore Publio Varinio ed i suoi legati pretoriani, Furio e Cassino: Spartaco non solo sconfisse i soldati, ma si impadronì dei cavalli, delle insegne delle legioni e dei fasci littori del pretore.

Nonostante la sconfitta ottenuta riuscì comunque a dissuadere i ribelli da ogni possibile attacco a sorpresa prendendo delle contromisure nonostante la disciplina nel campo romano lasciasse a desiderare dato che una parte dei legionari era ammalata mentre l’altra parte si ammutinò, molto probabilmente per incapacità al comando da parte di Varinio.

Resosi conto di ciò, Spartaco volse lo sguardo verso sud in direzione di Cuma.

Contro gli stessi ordini di Spartaco, i ribelli galli e germani, capeggiati da Crixio, si abbandonarono ad ogni sorta di violenza, saccheggio e devastazione: interi villaggi bruciati, donne stuprate ed assassinate, bestiame depredato… Tutti i tentativi di Spartaco di impedire questi eccidi furono vani tanto che cominciò ad attirarsi l’odio dei suoi stessi seguaci.

Particolare della statua di Spartaco al Museo del Louvre, Parigi, di Denis Foyatier, 1830.

Nella primavera del 72 a.C. i rivoltosi si divisero: alcuni, comandati da Crixio, si stabilirono nel Gargano, in Puglia, ed il restante, capeggiato da Spartaco, avanzò verso nord. A Roma il senato cominciò a preoccuparsi seriamente, quindi decise di inviare i due consoli Lucio Gellio Publicola e Gneo Cornelio Lentulo a fermare i ribelli. Gellio raggiunge i ribelli sul Gargano e li sconfisse e subito dopo si diresse verso nord mentre Lentulo, che si trovava sopra Spartaco, si diresse verso sud cercando quindi di chiudere in una morsa i ribelli. Grazie all’efficace corpo di cavalleria che molto probabilmente i ribelli riuscirono a mettere in piedi, riuscirono nell’impresa di sconfiggere Lentulo.

Inizialmente diretti verso le Alpi, probabilmente per uscire dalle regioni fuori il controllo di Roma, per ragioni a noi del tutto sconosciute, Spartaco decise di fare marcia indietro. Nel frattempo a Roma Marco Licinio Crasso si offrì di fermare Spartaco ottenendo così il controllo di 8 legioni per un totale di 40.000 uomini. Crasso riportò in vigore strumenti estremi ormai in disuso come la decimazione per disciplinare i propri soldati riuscendo dunque a spingere i ribelli fino a Reggio, davanti lo stretto di Messina. Da qui Spartaco, con 2.000 uomini, sperava di riuscire a raggiungere la Sicilia per scatenare una nuova rivolta di schiavi ed ingrossare le propria fila. Lo stretto di Messina non è mai stato semplice da attraversare, ed in particolare d’inverno, ed a complicare le cose il governatore della Sicilia fortificò gli approdi migliori. Per riuscire ad attraversare lo stretto, avevano bisogno di imbarcazioni e marinai esperti, quindi decisero di rivolgersi ai pirati della Cilicia che, una volta fatti gli accordi e pagati, li tradirono allontanandosi con le imbarcazioni, quindi disperatamente decisero di provare ad attraversare lo stretto con imbarcazioni di fortuna naufragando in terra calabrese.

La strategia di Crasso a questo punto fu quella di assediare gli uomini di Spartaco tagliando loro i rifornimenti e rifiutò la possibilità di trattare proposta da Spartaco. A questo punto gli rimase una sola opzione: sfondare il blocco. Ci riuscì ma in molti persero la vita e cominciarono a crescere divisioni e malcontento, infatti un gruppo di dissidenti abbandono lo abbandonò.

Nella primavera del 71 a.C., Crasso sconfisse il gruppo di dissidenti, e Spartaco, vedendosi circondato dato che erano sbarcate nuove truppe a Brindisi, con ancora 30.000 uomini, tenta il tutto per tutto attaccando Crasso frontalmente. Spartaco combatté valorosamente, ma venne circondato ed ucciso quindi a questo punto per Crasso è stato facile avere la meglio sui ribelli, ed è così che si concluse la terza guerra servile, con l’uccisione e la crocifissione lungo la via Appia degli uomini che osarono sfidare l’impero, facendosi ricordare ancora dopo più di duemila anni.

Tod des Spartakus. Zeichnung von Hermann Vogel. 1882
La morte di Spartaco. Disegno di Hermann Vogel.

Caratteristiche della comunità dei ribelli

Gli elementi che probabilmente polarizzarono attorno alla figura del condottiero trace i sentimenti di rivolta di moltissimi schiavi della penisola italica vi furono le modalità con le quali Spartaco gestiva ed i suoi organizzarono le comunità: il bottino di ogni razzia veniva rigorosamente redistribuito in parti uguali per tutti; all’interno della comunità era proibito il possesso e la circolazione di oro e argento che doveva essere interamente scambiato con i mercanti per bronzo e ferro, necessari per forgiare nuove armi. Tutti gli schiavi fuggitivi o liberati dal loro stato di schiavitù, chiunque fossero, venivano accolti e, nel limite delle risorse disponibili, sfamati e agli uomini veniva fornito un addestramento militare.

Il fatto di aver organizzato una comunità di una grandezza considerevole, che arriverà a contare 120.000 schiavi, mette in dubbio che il loro obiettivo fosse semplicemente di fuggire dalla penisola, perché invece di separarsi e scappare senza dare nell’occhio, si sono uniti formando un esercito di schiavi ribelli che sarà in grado di sconfiggere fino a nove volte gli eserciti romani andati a reprimerli.

I motivi della sconfitta

Di tutte e tre le guerre servili, la terza, ovvero quella guidata da Spartaco, fu quella che più spaventò Roma, infatti riuscì a sconfiggere per ben nove volte gli eserciti romani andati a reprimerli. Durarono sicuramente molto di più di quello che ci si può aspettare da un gruppo di ribelli armati alla meglio che si ritrovano a combattere contro un esercito sicuramente più potente, però i maggiori motivi della loro sconfitta furono le divisioni che si vennero a creare all’interno della comunità per una mera sete di potere di alcuni dei capi eletti; infatti dividendosi più volte durante le varie battaglie, prima nel gargano, poi in calabria, sono diventati prede più semplici da catturare da parte dell’esercito romano che piano piano ha divorato tutti quanti, mostrando poi tutta quanta la sua pietà con la crocifissione di tutti quanti i ribelli lungo la via Appia volendo così dissuadere la gente da altre possibili rivolte spaventandoli mostrando quindi di avere paura. Da questo si capisce che, nei momenti di difficoltà, se si rimane uniti, si è invincibili, nessuno riuscirà a fermarti, ma quanto la discordia comincia a serpeggiare fra i vari componenti di un gruppo e si creano divisioni, la battaglia è persa.

Spartaco come simbolo di lotta contro l’oppressione e la schiavitù

Per la sua rivolta, Spartaco divenne l’emblema dell’eroe romantico capace di sconfiggere gli eserciti più forti del mondo più con la passione che con le armi. La vicenda del gladiatore ribelle divenuto il simbolo della lotta dei popoli oppressi contro il soggiogamento alla classe dominante è stato fonte di ispirazione per letterati, artisti, uomini politici e condottieri. Ispirati alla sua vita, sono stati girati film tra cui il più famoso è Spartacus di Stanley Kubrik con Spartaco interpretato da Kirk Douglas.

La figura di Spartaco in politica era molto apprezzata tanto che fra i suoi estimatori ci fu lo stesso Garibaldi e fu definito da Karl Marx “uno degli uomini più folgoranti della storia antica”. A suo nome sono stati fondati movimenti come la Lega di Spartaco [in ted. Spartakusbund ndR], fondata nel 1915 da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht che verrà in seguito sciolta nel 1919 conseguentemente al rapimento ed all’assassinio dei due fondatori da parte dei soldati agli ordini del governo socialdemocratico di Friedrich Ebert e del ministro degli interni Noske.

Riflessioni finali

Sono passati più di duemila anni ed ancora ricordiamo Spartaco. Noi non ricordiamo tanto le idee per cui è morto, perché le idee non possono amare, non possono morire, ma noi ricordiamo l’uomo che è morto per esse perché cosciente del proprio destino e di questo amore non ricambiato, ha deciso di affrontare il fato e lottare anche se, presto o tardi, questo l’avrebbe condotto alla morte.

Spartaco è la dimostrazione che come un uomo prende coscienza delle catene che porta che accomuna tutta la classe oppressa, e lotta per spezzarle, riuscirà a vedere una luce in fondo al tunnel in cui si trova, e porgerà lo sguardo verso l’orizzonte della libertà, anche se sarà difficile sfondare il blocco stradale posto alla fine del tunnel da parte della classe dominante che farà di tutto per scoraggiarci cercando di convincerci di quanto sia bella questa vita dentro questo tunnel.

— Compagno Massimiliano

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