L’ecosocialismo di Michael Löwy: andare oltre i limiti di Marx per contrastare il cambiamento climatico

1. Introduzione

Michael Löwy inizia il suo libro Ecosocialismo. L’alternativa radicale alla catastrofe capitalista facendo riferimento agli ultimi rapporti dell’IPCC sul continuo aumento della CO2 in atmosfera a cui bisogna aggiungere l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai ai poli e tutta una seria di disastri naturali. Superare gli 1,5°C come riscaldamento globale porterà a tutta una serie di effetti a catena disastrosi che aumenteranno la gravità dei fenomeni descritti in precedenza. A questo punto possiamo scegliere tra l’attesa del collasso della civiltà oppure la lotta contro la causa del cambiamento climatico, ovvero il capitalismo.

Stiamo assistendo alla trasformazione delle forze produttive in forze distruttive che minacciano la sopravvivenza degli esseri umani sul pianeta. Nonostante ciò, i padroni e i governi del mondo sembrano divisi tra preoccupazione di facciata e il negazionismo più esplicito dell’estrema destra globale. Entrambe le posizioni sono accomunate dall’accettazione degli imperativi della crescita e dalla lotta per la conquista di nuove quote di mercato. Löwy cita Luigi XVI per descrivere il loro atteggiamento. Infatti è come se dopo di loro dovesse esserci il diluvio e non importa sé questo diluvio prenderà la forma della distruzione di intere comunità umane a causa del riscaldamento globale. La soluzione non può che essere l’ecosocialismo. Dietro questo termine si cela una doppia constatazione: sia il socialismo senza l’ecologia che l’ecologia senza il socialismo sono due vicoli ciechi. Si tratta di una nuova corrente politica che nasce dall’analisi dell’incompatibilità tra la crescita economica promossa dal capitalismo e dallo stalinismo e la salvaguardia degli equilibri ecologici del pianeta per difendere l’esistenza e la conservazione di un ambiente favorevole alle specie viventi. L’ecosocialismo non è la traduzione di un’alleanza tra socialdemocrazia e verdi per la gestione del capitalismo ma è un progetto politico radicale che mira a creare un nuovo paradigma di civiltà distinto da quello proposto dalla civiltà occidentale industrialista. In quest’ottica, ogni colpo che rallenta il collasso del pianeta è un successo. Questo porta Löwy a sostenere per ragioni tattiche progetti come il Green New Deal.

Michael Löwy

2. Le ragioni dell’ecosocialismo

L’ecologia rappresenta una sfida epocale per il rinnovamento del marxismo nel XXI secolo. Impone ai marxisti di rivedere il proprio rapporto con il concetto di forze produttive, di progresso lineare, con la tecnica e l’economia della società industriale. Il punto di partenza è stato il lavoro di James O’ Connor Capitalismo, natura, socialismo: introduzione a una teoria dove l’economista americano elabora, a partire dai limiti di Marx, una seconda contraddizione del capitalismo, ovvero quella tra forze produttive e condizioni di produzione minacciate dall’espansione del capitalismo che distrugge la base su cui può svilupparsi, ad iniziare proprio dall’ambiente naturale. L’esigenza dell’ecosocialismo nasce dai limiti del pensiero ecologico che non vede il nesso tra il produttivismo che distrugge la natura e il capitalismo, cullandosi nell’illusione di un possibile capitalismo verde. In questo modo i partiti verdi si condannano al fallimento, venendo assorbiti nelle coalizioni di centrosinistra nella gestione del capitalismo. Nel fare ciò prendono le distanze dal “rosso”, cioè dal marxismo come teoria critica del capitalismo e dal movimento operaio con le sue organizzazioni strutturalmente votate al produttivismo. L’ecosocialismo respinge queste tesi e afferma l’impossibilità di fondare un nuovo ordine sociale senza il sostegno dei lavoratori. L’ecosocialismo non è una corrente di pensiero omogenea ma i suoi esponenti concordano con due argomenti di base.

1. Il modello di sviluppo che domina in Occidente è distruttivo e non può essere esteso a tutto il pianeta, altrimenti ci sarebbe una grave crisi ecologica globale. Pertanto deve essere sostenuto dalle diseguaglianze tra Nord e Sud globale.

2. Questo stesso modello minaccia la sopravvivenza della specie umana sul pianeta.

Bisogna passare a criteri extraeconomici e non monetari, ovvero un cambiamento di civiltà. Questa trasformazione deve essere accompagnata da un consolidamento tecnologico che si traduce, ad esempio, nell’adozione di fonti energetiche rinnovabili e dal controllo dei mezzi di produzione posti sotto la direzione dei lavoratori. Per Löwy:

“è necessaria una riorganizzazione complessiva del modo di produzione e di consumo, fondata su criteri esterni al mercato capitalistico: i bisogni reali della popolazione (“solvibili” o meno) e la tutela dell’ambiente. In altre parole, un’economia di transizione al socialismo, “reinserita” (come direbbe Karl Polanyi) nell’ambiente sociale e naturale, perché fondata sulla scelta democratica delle priorità e degli investimenti da parte della popolazione stessa – e non dalle “leggi del mercato” o da un politburo onnisciente”1.

Si tratta, insomma, di inventare un modello sostenibile di pianificazione che definisca quali prodotti sovvenzionare e distribuire gratuitamente, quali opzioni energetiche sostenere, come organizzare i trasporti, come risolvere i danni prodotti dal capitalismo all’ambiente ecc.

Spesso nella contraddizione tra rapporti di produzione e forze produttive, i primi assumono la forma di ostacolo per lo sviluppo delle seconde. Le forze produttive sono pensate come neutrali ma Löwy dice che per gli ecosocialisti vale lo stesso discorso applicato dai classici del marxismo agli apparati statali. I comunisti non possono prendere l’apparato produttivo ereditato dal capitalismo come se fosse neutrale perché esso è funzionale all’espansione del mercato e all’accumulazione del capitale. Questo significa che potrebbe entrare in contraddizione con la salute dei lavoratori o l’ambiente, implicando la necessità di trasformare o spazzare via interi settori economici, garantendo l’occupazione dei lavoratori coinvolti in questi cambiamenti radicali. L’ecosocialismo produce un cambiamento qualitativo dello sviluppo che combatte gli sprechi dello sviluppo capitalista basato sulla produzione su larga scala e sulla produzione di beni inutili e dannosi. Questo introduce il tema dei bisogni nel pensiero di Löwy. Il suo obiettivo è la soppressione della pubblicità che induce falsi bisogni. Quelli reali permangono dopo la sua scomparsa.

“L’ecosocialismo si basa su una scommessa, che era già quella di Marx: il predominio, in una società senza classi, dell’‘essere’ sull’‘avere’, vale a dire la realizzazione personale, attraverso attività culturali, ricreative, erotiche, sportive, artistiche, politiche, piuttosto che il desiderio di un’accumulazione all’infinito di beni e prodotti. Quest’ultimo è indotto dall’ideologia e dalla pubblicità borghesi, e non c’è nulla che indichi che costituiscono ‘la natura umana eterna’. Ciò non significa che non ci saranno conflitti tra le esigenze della protezione ambientale e i bisogni sociali, tra gli imperativi ecologici e le necessità dello sviluppo, sopratutto nei paesi poveri. Spetta alla democrazia socialista, liberata dagli imperativi del capitale e del ‘mercato’, risolvere queste contraddizioni”2.

3. La pianificazione democratica di Löwy

Sia Marx che Engels erano consapevoli dei danni prodotti dal capitalismo sull’ambiente. Tuttavia sono presenti anche scritti in cui il socialismo viene descritto come lo sviluppo delle forze produttive oltre i limiti del capitalismo attraverso la distruzione dei vecchi rapporti di produzione che sono ormai diventati dei limiti. A ciò dovrebbe seguire l’appropriazione collettiva ma, come è accaduto in URSS, non sempre con esiti positivi per l’ambiente. Questo risultato per Löwy è da ricondurre allo stalinismo e alla mancata trasformazione della tecnologia attraverso la pianificazione democratica che trova una delle sue priorità nella sostituzione delle fonti energetiche fossili con quelle rinnovabili da cui però esclude il nucleare, una falsa alternativa pericolosa e che produce scorie. Per raggiungere questo scopo è necessario il sostegno dei lavoratori da guadagnare attraverso la piena occupazione e il controllo collettivo dei mezzi di produzione. Questi elementi sono inseriti dentro un’idea di socialismo che affonda le sue radici nel Capitale. Nel socialismo ci sarebbe un razionale scambio con la natura regolato dai liberi produttori che insieme controllano i mezzi di produzione, includendo anche i non produttori, e prendono le decisioni attraverso criteri ecologici, sociali e politici per decidere su cosa investire le risorse della società e quali beni rendere gratuiti. La partecipazione di tutti a queste decisioni è resa possibile dalla riduzione del tempo di lavoro. Questo modello di pianificazione prevede il predomino del valore d’uso sul valore di scambio e controllerebbe unicamente le principali scelte economiche, lasciando ampi spazi all’autogestione dei lavoratori a livello della singola fabbrica. Si occuperebbe, quindi, unicamente delle scelte che coinvolgono l’intera società. Tutto questo modello si reggerebbe sulla partecipazione democratica a tutti i livelli della pianificazione, da quello locale a quello planetario. Questo non elimina né le delega né possibili tensioni tra diversi interessi. Per esempio, come decidere sé una fabbrica che scarica i propri rifiuti in un fiume debba o meno chiudere? In questo caso prevale il gruppo d’interesse maggioritario che presumibilmente coinvolge l’intero territorio colpito dall’inquinamento della fabbrica che potrebbe decidere di chiuderla, anche solo momentaneamente.

Ovviamente non esiste la garanzia sul fatto che la popolazione prenderà sempre la decisione più razionale e compatibile con l’ambiente.

Per quanto riguarda l’argomento della crescita, Löwy prende le distanze dalla teoria della decrescita. Non si tratta, infatti, di un problema quantitativo ma qualitativo. Quindi, il problema non è discutere se debba esserci più o meno crescita ma andrebbe discusso il contenuto della crescita. Ad esempio, va indubbiamente contrastata la crescita prodotta dagli investimenti in armi, dall’obsolescenza programmata oppure dai bisogni indotti dalla pubblicità e da un sistema orientato allo spreco.

4. Il rapporto tra marxismo e pensiero ecologico

Analizzando i lavori di Engels e Marx, Löwy afferma che il pensiero ecologico non occupa un posto centrale nella loro riflessione teorica e il rapporto tra ambiente ed uomo è spesso presentato non in maniera univoca. Questo ha prodotto molte critiche al marxismo da parte degli ecologisti. La prima afferma che per Marx solo il lavoro è la fonte di ogni valore. Löwy sostiene che Marx facesse riferimento ai valori di scambio prodotti nel modo di produzione capitalista e afferma, soprattutto in Critica al Programma di Gotha, che la natura produce i veri valori, quelli d’uso.

Un’altra critica accusa il marxismo di produttivismo. Per Löwy si tratta di un attacco senza senso perché Marx ha sempre criticato la produzione fine a sé stessa, contrapponendola a quella socialista orientata alla produzione di valori d’uso. Il progresso tecnico, inoltre, per Marx non avrebbe lo scopo di aumentare la produzione ma di ridurre il tempo di lavoro. Ci sono passaggi nel suo lavoro in cui c’è l’intuizione, come nell’Ideologia tedesca, della possibile potenza distruttiva delle forze produttive mentre in altri lavori è riscontrabile una loro lettura neutrale e una lode acritica al progresso. Pensiamo solamente alla prefazione a Per la critica dell’economia politica dove la rivoluzione sembra avere come unico scopo l’abolizione dei rapporti di produzione che ostacolano lo sviluppo delle forze produttive. Questo è il testo base di ogni lettura economicista del pensiero di Marx, ampiamente riscontrabile nell’ideologia stalinista o nel cosiddetto socialismo con caratteristiche cinesi, che sostituisce il proletariato come soggetto rivoluzionario con lo Stato e i suoi apparati.

Lo sviluppo del pensiero ecologista in Marx non è omogeneo, come dimostra lo studio filologico degli scritti marxiani del filosofo giapponese Kohei Saito raccolti nel libro L’ecosocialismo di Karl Marx, da poco disponibile anche in italiano. Löwy, tuttavia, sostiene l’esistenza di elementi di continuità. Per esempio la critica della separazione capitalista tra essere umano e natura da superare restaurando, ad un livello superiore, questa unità presente nelle società precapitaliste. Come sostiene anche Saito, il cambiamento nell’approccio alla natura avviene in Marx grazie allo studio del chimico agrario Liebig che lo porta ad analizzare il degrado della qualità del suolo a causa dello sviluppo dell’agricoltura capitalista e la rottura metabolica tra la natura e le società umane. In seguito, studiando Fraas, scopre la deforestazione e i cambiamenti climatici locali. Questo avanzamento nei suoi studi lo porta ad avere una visione maggiormente critica dello sviluppo.

“Possiamo così vedere svilupparsi, in diversi passaggi de Il Capitale che riguardano l’agricoltura, una vera e propria problematica ecologica e una critica radicale delle catastrofi derivanti dal produttivismo capitalista: Marx propone una sorta di teoria della rottura del metabolismo tra le società umane e la natura, che risulterebbe dal produttivismo capitalista”3.

Questo porta Marx a collegare l’erosione del suolo con la rottura nel sistema degli scambi materiali tra società umane e natura che entra in contraddizione con le “leggi naturali” della vita.

Il passo successivo è mettere in collegamento la lotta di classe e la difesa della natura. In Marx ci sono segni di questo legame grazie ai paragoni tra lo sfruttamento del suolo e dei lavoratori in fabbrica. Per quanto riguarda l’inquinamento, “è affrontato quasi esclusivamente dal punto di vista della insalubrità dei quartieri operai delle grandi città inglesi”4.

Löwy si pone la questione di come rendere compatibile una produzione socialista con l’ambiente. Spesso Marx ed Engels fanno intendere che ci sia continuità tra produzione capitalista e socialista. Il socialismo si appropria del progresso tecnico e materiale prodotto dal capitalismo ma elimina l’ostacolo allo sviluppo rappresentato dalla proprietà privata e dai rapporti di produzione capitalistici, sostituiti da una pianificazione razionale possibile grazie alla proprietà collettiva dei mezzi di produzione. In questo modello di transizione socialista non c’è traccia di una preoccupazione per l’ambiente. Possiamo rintracciarla nel Capitale dove si parla del ristabilimento del metabolismo uomo-natura presente nelle società precapitaliste, dell’attenzione per la preservazione della qualità del suolo da consegnare alle future generazioni, del superamento della separazione città-campagna per eliminare l’inquinamento e infine assistiamo ad un cambiamento di prospettiva profondo del rapporto con la natura. Si passa, infatti, da un’idea di dominio ad un’idea di controllo dello scambio razionale tra uomo e natura. Tuttavia Löwy sostiene che manchi nel pensiero di Marx ed Engels una prospettiva ecologica d’insieme e su questo polemizza con autori come Saito che arriva a definire la rottura metabolica come la principale problematica del capitalismo per l’ultimo Marx o addirittura che i limiti naturali sono diventati la principale contraddizione del capitalismo alla fine della sua elaborazione teorica.

Löwy sostiene che non possa essere così perché tutte queste problematiche non si erano ancora completamente dispiegate all’epoca di Marx e non poteva studiarle come possiamo fare noi oggi. Inoltre è in disaccordo con Saito quando afferma “che l’interruzione metabolica o il conflitto con i limiti naturali è ‘un problema del capitalismo’ o ‘una contraddizione del sistema’: è ben più di questo! È una contraddizione tra il sistema capitalista e le ‘eterne condizioni naturali’ (Marx), e quindi con le condizioni naturali per la vita umana sul pianeta. Infatti, come osserva Paul Burkett (citato da Kohei Saito), il capitale può continuare ad accumularsi, in qualsiasi condizione naturale, anche degradata, fino a quando non ci sarà una completa estinzione della vita umana”5.

Non resta che accettare le contraddizioni del pensiero marxiano, come dice Bensaïd, e prenderle sul serio per poter sviluppare il marxismo nel XXI secolo.

  1. Michael Löwy, Ecosocialismo. Una alternativa radicale alla catastrofe capitalista, Ombre Corte, Verona 2021, p.29 ↩︎
  2. Ivi, pp.32-33 ↩︎
  3. Ivi, pp.62-63 ↩︎
  4. Ivi, p.66 ↩︎
  5. Ivi, pp.69-70 ↩︎

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