IL GOLPE NON C’E’, L’AMBIGUITA’ PERSISTE

 

15 Luglio 2016: golpe in Turchia da parte dell’esercito, posti  di blocco in tutto il paese, scontri tra polizia supportata dai civili affiliati al partito di Erdogan e militari.

16 Luglio 2016: Erdogan riprende il potere, iniziano le purghe tra militari e civili

Perché parlare del golpe turco ad un mese di distanza vi chiedete forse voi…il motivo è uno solo, ovvero dopo un mese dall’accaduto si può fare  un quadro chiaro della situazione con informazioni complete e non di parte (o, almeno, si spera visto che la totalità delle informazioni storiche che ci vengono date sono filosoficamente relative). In questo articolo difatti mostreremo i soli e unici fatti, in modo tale da delineare sempre di più la realtà turca nella sua complessità geopolitica, complessità che, a prescindere, dovrebbe logicamente eliminare ogni dubbio sull’eventualità dell’entrata della Turchia nell’Unione Europea o di ogni tipo di rapporto diplomatico preferenziale.

 

 

ESERCITO LIBERATORE O DITTATURA DEI GENERALI?

  • L’esercito nella storia turca: Nella storia della Turchia l’esercito ha sempre mostrato un’importanza particolare, che andava ben oltre il semplice ente finalizzato alla difesa del determinato paese. Infatti l’esercito turco, secondo nella NATO solo a quello americano, è una vera e propria istituzione alla quale il padre della Turchia moderna, Ataturk, diede l’incarico di essere il pilastro della laicità dello stato.     Infatti per Costituzione l’esercito gode di una particolare forma di indipendenza rispetto allo Stato politico (forma di indipendenza non concessa alla polizia, altro grande protagonista del golpe poiché costituì la resistenza armata del governo contro i golpisti); infatti essi sono una potenza assoluta a cui va il 16% del PIL nazionale, budget la cui destinazione è ignota al Parlamento.                                                                                                                                        Questo incarico venne assolto spesso col pugno di ferro, vedesi quando, nel passato, i militari furono protagonisti  di tre colpi di stato, nel 1960, nel 1971 e nel 1980 a cui seguirono brevi governi (massimo tre anni) le cui giunte erano composte da militari  sempre solerti nel svolgere i loro doveri, in particolare il dovere di attuare severe sanzioni con i dissidenti (come accadde nel 1980, quando chi opponeva resistenza alle scelte del regime veniva impiccato ai lampioni).

 

I RAPPORTI TRA LA TURCHIA ED I FONDAMENTALISTI

  • La particolare storia delle basi turche: E’ ormai risaputo il ruolo della Turchia, come l’alleato americano, in funzione anti Assad e anti Iran. Questo ruolo ovviamente comporta un impegno politicamente e militarmente efficiente e segreto, incentrato nella continua ricerca del  così detto “jihadista bianco”, il fantomatico quanto più misterioso del segreto dell’Immacolata Concezione “jihadista buono”, il nostro reaganiano “combattente per la libertà”. Per la CNN infatti i reclutatori di tali “liberatori” ,sarebbero gli Emirati Arabi, che liberarono dalle loro carceri migliaia di detenuti a condizione che si uniscano alla lotta dell’Isis contro Assad in Siria,sarebbe Israele, che sostiene le brigate di Is e al-Nusra nel Golan, un territorio conteso da Israele e Siria (nel febbraio 2014 il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, visitò un ospedale al confine con la Siria, dove strinse la mano ad un ribelle islamico siriano ferito),sarebbe il Quatar,ove si insegnò la pratica delle decapitazioni nei loro campi di addestramento e sarebbe la Turchia, che è il responsabile del reclutamento di militanti  e del rifornimento di armi tutt’ora in corso  allo Stato islamico e a al-Nusra (gruppo radicale islamico siriano) dall’inizio del conflitto in Siria nel 2011.         La sola notizia riguardante il ritrovamento  in una base dell’ISIS degli schedari accuratamente ordinati per data che confermano i commerci petroliferi con la Turchia in cui si riportano voci dettagliate relative ai proventi del petrolio dei pozzi e delle raffinerie, sottolinea l’ambiguità turca.
  • La modifica costituzionale costruita su un compromesso di massonica memoria: Nel 2010  l’Akp (il partito di Erdogan) presentò un pacchetto di emendamenti a 26 articoli della Carta Costituzionale da sottoporre a referendum. La finalità degli articoli rivoluzionava l’assetto giudiziario dando più libertà d’azione a donne, vecchi e bambini, a garantire i diritti sulla privacy e ad abolire i processi militari per i civili, capovolgendo la situazione e permettendo ai tribunali civili di giudicare i militari. Inoltre ciò aveva la caratteristica di consentire all’Akp di porre la magistratura sotto il controllo dell’esecutivo; allora l’esecutivo era spartito dagli uomini fedeli ad Erdogan e dagli uomini del suo maggior alleato, Gulen.                                                     Ebbene, vincendo il referendum la magistratura iniziò ad esser controllata dall’esecutivo formato in gran parte dagli uomini di Bulen;  questi non solo si limitavano a controllarla (ovviamente facendo le veci dell’intera coalizzazione posta sotto Erdogan) ma si infiltrarono in essa, favorendo l’assunzione di magistrati e, indirettamente, si infiltrarono anche nell’ambiente scolastico (il caso posto dall’opposizione all’AKP quando questo era ancora alleato con Bulen  fu proprio l’influenza di questa coalizione anche negli esami scolastici finali, quando a coloro che erano iscritti al gruppo di Bulen  vennero date parte delle soluzioni dei test). In poche parole quindi, questa riforma che garantisce una discriminazione “positiva” di alcuni gruppi sociali è basata però su compromessi “di massonica memoria”.
  • La figura di Fethullah Gulen e il motivo dell’odio turco nei sui confronti:                    Il tanto citato quanto misterioso Gulen è  la figura all’ordine del giorno per Erdogan, usata come capro espiatorio per tutti i mali del paese alla strenua di un vero e proprio “nemico del popolo”. Ma chi è Fethullah Gulen? Gulen, 75 anni compiuti, è un religioso e politologo turco tutt’ora residente in Pennsylvania; esso è famoso per essere uno dei massimi teologi islamici grazie ai suoi studi riformisti e moderni sul secolarismo e sul ruolo della donna nella società islamica. Il motivo per cui il suo nome è spesso citato dai media è per un forte attrito col AKP dovuto dall’inchiesta sulla “tangentopoli turca” del 2013, in cui Bulen accusò apertamente i corrotti ed i corruttori invocando la punizione divina «che Dio porti il fuoco nelle loro case, bruci le loro abitazioni, spezzi le loro famiglie». Erdogan lo accusò di essere il burattinaio invisibile che accusava e che tirava le file della magistratura (magistratura realmente composta da molti dei suoi seguaci), mirando a infiltrarsi anche negli organi d’intelligence per destabilizzare il governo; per l’attuale presidente turco questa mossa di Bulen era dovuta dall’ordine governativo di chiudere alcune scuole private create dallo stesso teologo islamico. La Turchia ora reclama l’estradizione di Bulen, confermando il suo status nazionale di “terrorista” (condannato ad oltre 1900 anni di carcere), tutto ciò fomentato dalla smania del periodo post golpe.

 

I FINI E LE MOTIVAZIONI

Le motivazioni ed i fini di un esercito laico stanco di Erdogan o di un nuovo esercito votato al  fondamentalismo?  Le motivazioni e i fini che hanno spinto l’esercito a commettere il fatto sono plurime e spesso contradditorie, simbolo della profonda ambiguità e complessità turca vigente anche nell’istituzione ritenuta più solida di tutta la Turchia. Ora vediamo nello specifico il tutto:

  1. LO SPIRITO DI RIVINCITA: Il giorno prima del golpe duemila ufficiali dell’esercito erano stati epurati dalle alte sfere delle forze armate dallo stesso Erdogan; ciò può essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, un vaso riempito gradualmente da una politica indetta da Erdogan, ovvero quella di “democratizzare” l’esercito (politica ridotta al maggiore controllo parlamentare sull’esercito). Questo “affronto” all’istituzione laica per eccellenza da parte di un partito islamico può aver riacceso la fiaccola ideologica di Ataturk, ovvero l’imperativo dell’esercito di salvaguardare  laicità dello stato. Già a marzo infatti erano affiorate voci di un possibile golpe, intensificato dalla dichiarazione del generale Akar «I militari sono gli unici centri di potere oggi in Turchia ancora in grado di limitare le ambizioni autoritarie di Erdogan». Infatti nel messaggio  diffuso dalle ambasciate i militari definiscono la loro azione come “portatrice di democrazia e laicità”; ciò vorrebbe dire per l’osservatore occidentale rompere con i gruppi fondamentalisti (per cui Erdogan aveva già da mesi “formalmente” imboccato la strada) e di aumentare la repressione anti curda .

  2. LA SALVAGUARDIA DELLA NATO: Un altro motivo è la salvaguardia della posizione Turca della NATO, infatti i militari hanno sempre chiesto negli ultimi tempi una Turchia più fortemente legata alla Nato e decisamente contraria ad aprire nuovi motivi di scontro con gli Stati Uniti, motivi di scontro simboleggiati dalla riapertura verso Assad e Putin.   Questo orizzonte mette in luce un particolare comportamento della NATO, ora sottaciuto o dato per scontato, ovvero che, nel bel mezzo del golpe caccia e cacciabombardieri sono decollati dalle basi NATO di Incirlik e Istambul per coadiuvare le azioni golpistiche dell’esercito, dalle stesse basi comandate direttamente dalla stessa NATO, il quale consiglio teoricamente dovrebbe conoscere (e comandare) ogni apparecchio che atterra o  decolla da queste basi.
  3. IL DUALISMO SACRO DA SALVAGUARDARE, NATO E FONDAMENTALISTI ISLAMICI: Quante volte si vedono nelle foto e nei video fatti “clandestinamente” i soldati turchi fraternizzare con gli appartenenti alle milizie del califfo? Oppure alla guida di particolari camion contenenti petrolio o carburante al di fuori dei confini nazionali? Molte, molte volte, basta avere la pazienza di cercare su un semplice motore di ricerca. Allora perché i golpisti hanno risaltato la loro caratteristica laica se non per fornirsi una copertura mediatica invalicabile? Questa tesi è avvalorata dall’alleanza turco-americana contro Assad e l’Iran costituita principalmente dall’addestramento dei jihadisti e dal finanziamento ad associazioni come Al-Nusra, posizioni che Erdogan cercava negli ultimi tempi di attenuare, così andando contro i poteri forti della NATO.

 

LA REAZIONE NAZIONALE DI ERDOGAN: UNO STORMO DI PICCIONI CON UNA FAVA

  • Il consolidamento del potere di Erdogan: Il golpe per Erdogan è stato una ventata di aria fresca, una salvezza da un’eventuale impopolarità nell’elettorato turco. Infatti si può definire la sua una mossa rischiosa quanto azzeccata aver taciuto sul golpe quando lui stesso, informato dal cognato e dall’intelligence, sapeva di ciò che stava per accadere dalle ore 16.00 dello stesso giorno del golpe; stessa cosa vale per l’AKP, il quale anch’esso venne a sapere del golpe prima della sua manifestazione, a riprova di ciò nelle circa 300 000 e-mail dell’AKP diffuse da WikiLeaks (per cui vi mando il link  in cui troverete queste email https://wikileaks.org/akp-emails/) si trovano riferimenti ad un possibile golpe. Questa mossa politica, coadiuvata dalla sorprendente trovata di mandare un videomessaggio al popolo turco incitandolo a difendere una volatile “democrazia”, ha portato  migliaia di persone in piazza, non solamente puri sostenitori di Erdogan ma anche estremisti ultranazionalisti (i “Lupi Grigi”) e islamici, che, prendendo le parole di Devrim Valerian, “picchiavano e assassinavano brutalmente dei soldati di leva sotto lo sguardo della polizia che lasciava fare”.  Questo fatto  stato strumentalizzato e ingrossato dei media fedeli al governo come “sovversione popolare”, copertura mediatica che serviva assolutamente ad Erdogan per rendere ancora più trionfale il suo ritorno sugli scranni del potere quando, in realtà, “nelle strade non erano probabilmente più di qualche migliaio in tutto il paese. Non c’erano rappresentatnti della popolazione nel suo insieme […] la grande maggioranza delle persone è rimasta a casa, come me, la notte di venerdì, e ha guardato la televisione”; in poche parole, nonostante il numero considerevole, hanno vinto coloro che, facendo chiasso, si sono evidenziati nella massa facendosi trasfigurazione di un possibile volere di quest’ultima, più la piazza si radicalizza infatti e più si nota il disinteresse di una parte crescente della massa, ma disinteresse non vuol dire opposizione.
  • La purga e la sospensione dei diritti umani: Il fatto del golpe ha dato la possibilità ad Erdogan di fare piazza pulita dei suoi avversari, arrestando fino ad adesso oltre 50000 persone accusate di aver preso parte al golpe. Queste non sono solo militari ma in gran parte professori, giornalisti, giudici, avvocati e privati, dai buleniani ai filocurdi, facendo così una vera e propria purga che sta portando alla chiusura di tutti gli organi di stampa non allineati col “regime” e sta portando alla progressiva chiusura dell’opposizione parlamentare (per la quale 13 degli ultimi incarcerati militavano nel Partito Socialdemocratico, il CHP). La protesta al livello mondiale dei magistrati sta sottolineando che in queste purghe migliaia di innocenti né legati a Bulen né legati ai Curdi stanno subendo le angherie di un governo che da anni gradualmente voleva sopprimere l’indipendenza del potere giudiziario, indipendenza che con questo fatto è diminuita notevolmente. Non da meno è la sospensione dei diritti umani per i detenuti decisa da Ankara: ciò infatti autorizza il governo ad estorcere informazioni ai detenuti per mezzo dell’infame crociuolo della verità (C.Beccaria), ovvero la tortura e permette al governo di tenere questi nelle condizioni più precarie (condizioni già denunciate da associazioni come Amnesty International).
  • Reintroduzione della pena di morte e i poteri speciali per bypassare il parlamento: la reintroduzione della pena di morte chiesta coram populo dai sostenitori di Erdogan potrebbe in assoluto garantire un nuovo potere al regime turco, il potere di far tacere per sempre gli oppositori. Per varare l’articolo costituzionale ci vuole il voto favorevole di circa i due terzi del Parlamento; questo, che può consistere un vincolo al raggiungimento del determinato obbiettivo che però può essere, se non eliminato, smorzato dall’intenzione di addossare ad Erdogan poteri speciali capaci di bypassare il giudizio del Parlamento, così da dare al “presidente” turco la possibilità di agire con più libertà eliminando ogni opposizione e diventando peggio delle stesse monarchie oscurantiste saudite o delle dittature medio orientali dalle quali, per decenni, la Turchia si discostava diventando l’ancora “laica e democratica” nel medio oriente.
  • Incentivo al progetto di Erdogan:  Tutto ciò porta un incentivo grandioso al progetto principale perseguito da Erdogan sin dal 2003, ovvero costituire una repubblica presidenziale in cui si rendono legittimi i poteri di cui già dispone ed esercita “moderatamente” ma di cui non è investito per Costituzione: ciò sarebbe la legittimazione per l’uso ampio e massivo di questi poteri. Si può solo immaginare le mosse del presidente “avvalorato”: potrà, senza più proteste occidentali poiché legittimato dalla Costituzione, proseguire nella sua opera di islamizzazione dello stato laico turco, emarginare le donne con l’imposizione “moderata” della sharia, ridurre al silenzio le opposizioni, cancellare i sogni d’indipendenza del popolo curdo, censurare e strumentalizzare i media.

 

 

LA REAZIONE INTERNAZIONALE DI ERDOGAN

  • Le incomprensioni con la NATO e la simpatia a Putin: Le incomprensioni con la NATO iniziano con la decisione di Erdogan di riallacciare i rapporti con la Siria e allontanarsi quindi dalla funzione anti siriana e iraniana che ricopriva. Infatti i rapporti tra Turchia e, in particolare, gli USA, sono tutt’ora molto altalenanti e fragili, caratterizzati da un continuo processo fatto da azioni e reazioni, messaggi e conseguenze:
  1. La NATO appoggia il golpe militare facendo decollare dalle basi NATO di Istanbul e Incirlik dei jet militari.
  2. La Turchia in risposta all’appoggio dei jet militari all’esercito  chiude ad intermittenza la base NATO di Incirlik (per la quale ricordo che al suo interno sono situate 90 testate nucleari), incarcerando i suoi responsabili.
  3. Il governo di Ankara richiede a gran voce l’estradizione di  Bulen.
  4.  In risposta gli USA negano l’estradizione dell’ex imam, focalizzandosi invece sulle condizioni dei prigionieri accusati di aver appoggiato il golpe, dandogli una forte copertura mediatica.
  5. Il governo di Ankara riallaccia i rapporti con il Cremlino dopo l’abbattimento del bombardiere Sukoi e l’uccisione del suo equipaggio da parte delle milizie turcomanne.
  6. L’America intervenendo in Libia lancia un messaggio ad Erdogan, ovvero intimare a Erdogan di non giocarsi la carta contro l’America e la NATO (visto la denuncia di questi ultimi contro il trattamento turco degli incarcerati, indagati per il golpe fallito) con l’incontro del 9 agosto  col leader russo Putin.
  7. L’accordo del 9 agosto sancisce l’inizio di nuovi accordi economici e dell’eliminazione dell’embargo.
  • L’accordo parallelo: La stessa Turchia però, parallelamente, è fautrice assieme agli Americani e ai Sauditi di una nuova ricerca finalizzata al reclutamento di nuovi “combattenti per la libertà” reaganiani, ovvero di nuovi Jihadisti “buoni” in funzione anti Assad e anti Iran.  Questa occasione  infatti è data dalla separazione “consensuale” di Al-Nusra ad Al-Quaeda: già nel 2015  i paesi del Golfo Persico tentarono di attrarre la cellula siriana di Al-Quaeda  con promesse di ingenti finanziamenti e aiuti militari in modo tale da creare una Siria islamica concludendo un nulla di fatto (ovviamente, anche se nella realtà di un “nulla di fatto”, l’accaduto non venne mai citato nei media internazionali, coperto da un velo costituito da interessi internazionali). Ora invece l’organizzazione si è separata consensualmente dalla realtà madre cambiando nome in Jabhat Fatah al-Sham (Fronte della conquista del Levante) ma mantenendo le caratteristiche del corpo madre in modo tale da concorrere all’altra grande potenza jihadista siriana, l’ISIS. Con questa scissione i paesi che già da prima volevano il primato di Al Nusra nei confronti di Al Quaeda puntano solamente a togliere l’ormai ex Al-Nusra dalla BlackList, immacolando così una realtà macchiata di sangue in nomi di “interessi e ragion di Stato”.
  • La velata minaccia di Erdogan all’Europa: Ora qual è il piano di Erdogan con l’Europa? Il presidente turco rappresenta colui che vuole la botte piena e la moglie ubriaca contemporaneamente, ovvero da una parte non vuole entrare nell’Unione Europea poiché non potrebbe più fare il buono ed il cattivo tempo in Turchia, dall’altra esige per gli accordi riguardante l’immigrazione la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi che vogliono viaggiare in Europa. Di fronte a questo scenario la Turchia ha il coltello dalla parte del manico poiché gode del potere di aprire e chiudere i rubinetti dell’immigrazione dando il via libera (e anche, come fece in passato, finanziando) ai trafficanti di esseri umani per portare in territorio europeo una nuova ondata di profughi che destabilizzano, anche se non economicamente, politicamente l’UE, incapace di organizzarsi pur avendo risorse.

 

 

CONCLUSIONI

Ritorniamo all’affermazione introduttiva, ovvero sottolineiamo l’ambiguità e la complessità geopolitica turca, complessità che fa della Turchia una paese subdolo e instabile. Ciò a cui stiamo assistendo ora è la lotta tra due potenze capitalistiche, la NATO simbolicamente rappresentata dagli USA  ed il regime turco, slegato e spogliato da ogni fantasiosa iniziativa di individuare nella lotta il “bianco ed il nero”, il “buono ed il cattivo (o, al massimo, il meno peggio)” , riducendo così il tutto ad una lotta di meri interessi venduti a feticci, una lotta tra interessi ed interessi, tra dominio e dominio, tra volere e volere. -Compagno Elia

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