«Voleu que Catalunya sigui un Estat independent en forma de República?»
Domenica 1° ottobre si è tenuto il tanto discusso referendum sull’indipendenza della Catalogna, condannato e ostacolato apertamente da Madrid, ma voluto dalle autorità in Barcellona. Nei 2300 seggi aperti per le elezioni dalle autorità catalane, 319 sono stati chiusi dalla Polizia spagnola, che comunque ha presidiato e precluso l’accesso a moltissimi catalani con l’intenzione di votare, così da rendere meno leggibile il risultato effettivo del referendum, che con un’affluenza del 42,6% viene reso come una farsa, nonostante il 92% di voti favorevoli. La Guardia Civil ha caricato difatti le barricate di sedie, banchi e trattori eretti a strenua difesa del diritto di farsi interpellare, non facendosi problemi a malmenare i suoi cittadini con l’unica colpa di volersi esprimere. I feriti, dunque, stando a bilanci emessi dalle agenzie ospedaliere catalane, sarebbero 761, di cui circa un centinaio in condizioni gravi. Da qui si hanno le cause degli slogan popolari imperanti in questa giornata di sciopero generale organizzato dalla Comunità Autonoma d’accordo coi sindacati indipendentisti, i tanti «fuori le truppe di occupazione» che pervadono le strade davanti alle caserme della Polizia nazionale, in un clima insurrezionale che viene cautamente messo a tacere dalle stesse autorità catalane. Il presidente della Comunità Autonoma, Carles Puigdemont, ammonisce di «non reagire alle provocazioni», ossia di evitare qualsiasi vera insurrezione potenzialmente socialista che svierebbe dagli scopi atlantisti ed eurocentrici dell’élite indipendentista, editrice del celebre «Vuole che la Catalogna sia uno Stato indipendente nella forma di Repubblica?»
Ci si chiede quindi come mai un’Europa, culla della “democrazia”, abbia considerato la questione catalana come interna alla Spagna, fino allo sciopero e alle manifestazioni generali di migliaia di persone contro il rigido Governo centrale; e come mai l’America, patria della “libertà”, si opponga alla scelta scissionista della Catalogna, nonostante essa stessa sia nata da una rivoluzione indipendentista per puri motivi economici e geografici, mentre a Barcellona vi sono inoltre forti elementi di contrasto linguistico-culturale rispetto alla Castiglia.
Nessuna delle due sopra citate si accorge della grave violazione della libertà, facendo orecchie da mercante, ammainando i propri ipocriti vessilli sbandierati ai quattro venti, portati avanti nelle cosiddette missioni di pace dovunque nel mondo, per poi dimenticarsi dei propri inquilini in casa, che non desideravano altro che dire la propria opinione e decidere, una volta tanto, per sé. Sicuramente è inaspettata e forse addirittura autolesionista la decisione spagnola di armarsi contro l’indipendentismo in Catalogna, sarebbe stato evidentemente più facile, ad una prima analisi, lasciare la libertà di consultare col referendum per tranquillizzare e rabbonire i focosi animi di Barcellona, per poi abbandonarne il risultato tra i meandri di una soffocante burocrazia, in eterna attesa dei trattati bilaterali. La reazione coi proiettili di gomma sui manifestanti, decisa da Rajoy, è un avvertimento chiaro alla futura dichiarazione unilaterale d’indipendenza, che la Generalitat catalana sta già vagliando, in caso non si avviino delle trattative con la Spagna.
È infatti dalla fine del 2006 che i catalani iniziarono a reclamare più autonomia a causa della maggior potenza e crescita economica nella loro regione rispetto al Regno di Spagna, rivendicando di conseguenza più concessioni per un federalismo fiscale esteso, oltre ai Paesi Baschi e alla Navarra, anche alla loro regione, oltre per un riconoscimento vero e proprio della loro autonomia come Nazione componente della multiculturale Spagna, per non parlare del riconoscimento da una ancora più accentratrice Repubblica Francese per quanto riguarda il dipartimento dei Pyrénées Orientales, in Occitania e a maggioranza etnica catalana.
Fin dalla nascita della seconda Repubblica Spagnola nel 1931, la stragrande maggioranza dei partiti repubblicani aveva una sezione specifica per la Catalogna, essendo considerata all’interno della Spagna, come una Nazione autonoma in uno Stato plurinazionale, dopo secoli di malsopportata oppressione monarchica. Il sentimento repubblicano si era, infatti, radicato maggiormente proprio nei cosiddetti Països Catalans, e la definizione vera e propria di una cultura catalana favorì questo desiderio di libertà che la Repubblica meglio esprimeva, rispetto alla appena conclusa dittatura di Miguel Primo De Rivera, supportato dalla stessa élite industriale catalana per i propri interessi economici.
L’anima catalana della Repubblica Spagnola emerse soprattutto nel 1937, quando, in piena guerra civile, l’esercito di Franco prese Madrid, facendo spostare la capitale dapprima a Valencia e in seguito a Barcellona, entrambe città storicamente catalane. Sebbene la Repubblica si vide costretta ad armare vari gruppi politici contro l’esercito reazionario diretto da Francisco Franco, i più celebri ed efficienti furono quelli ostacolati dalle stesse istituzioni repubblicane, primo fra tutti la CNT-FAI (Confederación Nacional del Trabajo- Federación Anarquista Ibérica) molto radicato in Catalogna. La CNT, però, dovette armarsi da sola: numerosi furono gli arresti degli anarchici nelle carceri repubblicane per il possesso d’armi, rubate ai catalanisti dopo durante la fallita rivoluzione del ‘34; e mentre gli anarchici si organizzavano per contrastare l’alzamiento dei primi del luglio del ‘36, quando la repubblica fingeva di non vedere i preparativi dei militari, dovettero rinunciare a pianificare l’utilizzo immediato dei fucili, temendo fossero requisiti dalla Guardia Civil. La Repubblica infatti finanziò ed armò i principali gruppi di resistenza all’intervento italo-tedesco di supporto a Franco, solo quando era ormai in pericolo critico, e comunque in modo molto minore rispetto alle concessioni per il marxista-leninista PCE, sperando stolidamente in un serio intervento dell’Unione Sovietica staliniana contro le truppe fasciste de El Caudillo, determinando quindi la propria caduta.
Durante i seguenti anni della dittatura, infatti, l’oppressione che Franco infieriva alle minoranza nazionali era spietata, in particolar modo al popolo della Catalogna; tanto forte da creare un odio tale verso la tradizione e la monarchia spagnola centralista da persistere fino ad oggi, non a caso in quel periodo (1973) avvenne il riuscito attentato all’ammiraglio Luis Carrero Blanco da parte dell’ETA, come risposta alle imposizioni centraliste sul popolo basco.
“Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni circostanza, ma mai in ogni circostanza e in ogni epoca si potrà avere la libertà senza la lotta!” Ernesto Guevara
— Compagni Alessandro, L. F. ed Emanuele