L’incuria ambientale e l’urbanistica del profitto

Negli ultimi giorni si è potuto constatare l’effettiva incuria passata e sempre più odierna riguardo all’urbanistica ambientale nelle nostre città. Gli effetti nefasti dell’alluvione a Livorno sono l’ennesima spia di una costruzione urbana che in Italia, specie nella parte peninsulare, non può funzionare, data la caratterizzazione, in questo caso, di una rete fluviale basata su pochi grandi fiumi e da innumerevoli torrenti e fiumane, protagonisti anche della gravosa siccità di quest’anno.

La stessa struttura geologica dell’Italia, in ispecie dopo la succitata mancanza d’acqua che ha flagellato la nostra nazione dai campi dell’Emilia fino agli incendi in Sicilia, che ha diminuito notevolmente la capacità d’assorbimento del terreno, ha una predisposizione ad eventi di questo tipo, che già in passato sono avvenuti, ma con frequenza e intensità minore rispetto ad oggi. Ciononostante, a Livorno, non è stato tanto il sistema idrogeologico ad aver causato l’alluvione, quanto l’intenzionale mano dell’impresa privata, che non rispetta sovente, come in tutta Italia, i piani urbanistici sviluppati per un’espansione razionale ed equilibrata della città, e cresce quindi nella più assoluta oclocrazia edile. I torrenti tombati in alvei artificiali di cemento, per potervi edificare palazzi e strade; gli argini troppo stretti, per consentire una maggiore area di costruzione; la mancanza di aree adibite a parco per poter equilibrare la permeabilità del terreno, compromessa dal cemento e dall’asfalto, sono solo alcune cause del disastro e del fallimento vero e proprio dello Stato nella tutela dei cittadini. La costruzione di uno dei più grandi porti italiani negli ultimi due secoli e l’accrescimento storico della città livornese non ha dunque seguito minimamente il profilo idrogeologico locale, e se ne possono vedere le conseguenze in questi giorni: il problema dell’urbanistica di Livorno sorge con la costruzione di palazzi storici nella Belle Epoque, in piena epoca antropocentrica, quando l’uomo veniva esaltato per essere capace di piegare la natura alle proprie esigenze, ignorando, come oggi, il fatto che l’uomo è parte stessa della natura, con l’inevitabile reazione dell’opera umana contro l’uomo medesimo tramite l’alterazione e l’aggravamento della cosa naturale.

Nello stesso periodo, anche a Roma accadevano delle complicazioni per la pioggia ridicole, rispetto al rango che ha di capitale europea. Le strade allagate nel centro storico, cuore della civiltà occidentale assieme alla capitale dell’altro Stato membro dell’Unione Europea con le maggiori difficoltà economiche, Atene, sono un terribile esempio di inciviltà da parte delle amministrazioni di ogni grado. Il Comune di Roma stesso si macchia costantemente di ridicolo a causa della propaganda dei suoi dirigenti, che fino ad un anno fa premevano per la pulizia dei tombini, celebre il twitt di Di Maio, sebbene dopo un anno di amministrazione pentastellata ciò non sia nemmeno avvenuto progettualmente, e la Caput Mundi s’allaga ancora.

Ma la ciliegina sulla torta di disastri urbani in Italia non è nella flagellata Livorno o nella annacquata Roma, ma risiede su un’isola dell’Arcipelago Campano, Ischia. Il terremoto del 29 agosto, con una magnitudo di soli 4.0 gradi Richter ha pressoché rasi al suolo interi quartieri dei paesi sull’isola, una prova evidente dell’insostenibilità dell’edilizia per lucro, ossia privata. L’abusivismo, inoltre, si palesa con questo episodio, che purtroppo ha preso una piega tragica, causata dal mancato rispetto delle leggi vigenti, e dalla massa esagerata di insensati condoni, come se bastasse un procedimento burocratico per garantire la sicurezza di costruzioni insicure, e come se fossero giustificate le morti con un contratto tra proprietario e Stato.

In somma, è il perseguimento del profitto anche a costo del benessere e della vita umana a muovere gli speculatori edilizi, sia quando operano al di fuori della legge, come a Ischia, che quando lo Stato, rappresentandoli, permette loro di rendere invivibili le grandi città, ingranditesi grazie all’industrializzazione. È proprio l’espansione incontrollata e gli interessi alla base ad aver nullificato l’importanza de The Culture of Cities di Lewis Mumford, un urbanista e sociologo statunitense che mise in guardia fin dal 1938 sull’invivibilità delle città americane, riscontrabile nella criminalità, nella congestione, nell’inquinamento e nell’allontanamento dalla campagna: una situazione aggravata dalla costruzione delle autostrade, che osannate come simbolo del progresso, hanno accresciuto proprio la congestione, già presente nei centri urbani, anche alle periferie. L’aumento vertiginoso dei prezzi dei terreni e del numero dei veicoli, e quindi gli interessi nel profitto da parte delle proprietà fondiarie e dell’industria automobilistica, hanno provocato l’edificazione di queste opere d’arte d’architettura moderna, con l’aumento di morti su strada. La stessa mobilità viene diminuita gravosamente, con l’ingresso di numeri esponenziali di automobili atti ad occupare più suolo a passeggero rispetto agli autobus, a diminuire la velocità degli spostamenti e ad aumentare l’inquinamento atmosferico. Ma anche gli stessi autobus, al confronto con mezzi potenti e veloci quali i treni, cadono di inefficienza: il treno infatti occupa in media quattro volte meno spazio sul suolo e trasporta cinque volte più persone.

 

Karl-Marx-Allee, Berlino Est

Il modello sovietico dell’urbanizzazione è quindi più attuale che mai: la trasformazione radicale dei trasporti tramite mobilità su rotaia, sia tram e metropolitane in città che treni per gli spostamenti più ampi. L’istituzione di grandi fasce di verde permanente per aumentare la vivibilità e per isolare le diverse zone, industriali, residenziali, amministrative e il centro storico, nonché i grandi viali per gli spostamenti interni, risolverebbero il problema della congestione, il tutto sviluppato con una rete ragionata di vie di comunicazione e di espansione urbana, rispettando il sistema idrogeologico locale così da evitare in massima parte gli episodi dell’ultimo mese.

 

— Compagni Emanuele e Laura

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