— Sergio W.
«La società attuale è solo un accumulo di spettacoli»
– Guy Debord
Nell’ultima settimana abbiamo assistito a rivolte e frementi controrivoluzionari sul versante cubano. Siamo prigionieri della sola credenza nel Reale o conosciamo la realtà dei fatti? I media di regime, e non parlo di una fantomatica, direi quasi mitologica dittatura socialista cubana, sono tutti schierati apertamente contro il cadavere, già morente, di un Paese soffocato dalle sanzioni, pronti ad incarcerarlo nella morsa fatale della disinformazione a colpi di hashtag del calibro #SOSCuba e #Cubalibre. Sicuramente, e per i più attenti e furbi sarà ovvio, viviamo nell’era par excellence dell’asimmetria di informazione. Gli apparati ideologici di un regime che non vive più sotto le colonne dell’altare dello Stato Moderno si sono, quindi, risvegliati; chissà quanti centralini CIA sono focalizzati con precisione su quelle monumentali pagine social per sganciare i loro bot. Questo preludio sembrerà tratto da qualche giornale dell’epoca della Guerra Fredda, ed invece no, sta succedendo sotto i nostri occhi. Ma andiamo con ordine e analizziamo la vicenda:
Antefatti storici: dal protettorato statunitense alla Cuba contemporanea
Facciamo un salto indietro nel tempo, siamo nel 1800: con l’accrescersi – graduale ma inarrestabile – del suo potere, Washington cominciò ad imporre sempre più la sua volontà geopolitica in tutto il continente. L’elaborazione della Dottrina Monroe nel 1823, sanciva con chiarezza il dominio esclusivo degli Stati Uniti sull’emisfero occidentale. A completare il quadro ideologico di riferimento sopraggiunse poi a metà del secolo la dottrina del “Destino Manifesto” (necessità di espandere i propri domini per diffondere la libertà e la democrazia, una sorta di Lebensraum/missione civilizzatrice all’americana), che sarebbe stato alla base della politica espansionista verso Ovest.[1]
Quando i tempi furono giudicati maturi, Washington intervenne direttamente a Cuba per strapparla alla Corona Spagnola e renderla un protettorato americano de facto. Iniziava un periodo di sudditanza vera e propria dell’isola, che portò ad un’ulteriore compenetrazione economica nei due paesi, spronandone lo sviluppo e dando vita a un susseguirsi di governi corrotti. 90 miglia: è questa la distanza che separa la parte più meridionale della Florida dalle coste cubane. Appare evidente come sia la geografia stessa a determinare la reciproca importanza e influenza fra Stati Uniti e Cuba. Lo status di “protettorato” statunitense, rese l’isola, quindi, totalmente dipendente da Washington, sia politicamente che economicamente. Al momento dell’indipendenza, i capitali americani investiti ammontavano a cento milioni di dollari, dei quali quarantacinque nel tabacco e venticinque nello zucchero. Vennero fondati nuovi zuccherifici e altre compagnie interessate nelle materie prime presenti sul posto, come la United Fruit Company (UFCO), leader nel settore della frutta. A coronamento delle operazioni economiche, nel 1903, venne firmato un trattato commerciale fra i due paesi che garantiva un trattamento preferenziale alle merci cubane in cambio di una riduzione delle imposte doganali per la flotta commerciale americana. Le compagnie americane presenti sull’isola erano più grandi di quelle cubane o spagnole, e tale ordinamento di cose non era destinato a cambiare nel tempo.
Un importante elemento dell’industria zuccheriera era rappresentato dal fatto che molte compagnie erano di proprietà di ex combattenti dell’Esercito di Liberazione alcuni dei quali avevano anche ricoperto incarichi di governo. Questa compenetrazione tra potere economico e politico fu un elemento che rese più facile la corruzione dei politici cubani, contribuendo alla grande instabilità della prima repubblica, di base la stratificazione aristocratica era basata sui possedimenti fondiari. Alla grande espansione della ricchezza derivante dallo zucchero, prodotta dalla già citata distruzione della produzione europea, seguì inevitabilmente una drastica contrazione al momento della ripresa post-bellica nel vecchio continente. Molte imprese cubane fallirono e le banche americane che finanziavano i prestiti divennero ancor di più le vere padrone dell’economia dell’isola, al punto che il dollaro divenne la moneta di Cuba. L’isola era stata letteralmente comprata. Tale congiuntura portò alla bancarotta molte imprese cubane e le banche americane creditrici imposero condizioni molto dure al governo, richiedendo una continua presenza di un rappresentante statunitense all’Avana per monitorare la situazione. [2]
Il 1933 vide, oltre all’elezione di Roosevelt, una nuova rivolta, i cui strascichi si trascineranno per più di un decennio. Il governo imposto dagli USA, venne infatti rovesciato da un golpe, questa volta proveniente non dalla società civile, ma dall’istituzione che più di tutte era storicamente rimasta fedele alla Repubblica ossia l’esercito. In quella che viene ricordata come la “Rivoluzione dei Sergenti”, un gruppo di sottufficiali al cui centro si impose fin da subito un oscuro sergente stenografo di nome Fulgencio Batista. Sarà egli, in un modo o nell’altro, a tirare le fila della politica cubana fino al 1940 quando divenne formalmente Presidente della Repubblica. I rapporti fra Cuba e Stati Uniti sarebbero stati, almeno formalmente, quelli “normali” fra “Stati indipendenti seppur amichevoli”. Batista, leader de facto della Repubblica fin dal 1933, ottenne sempre maggiore popolarità fra le masse grazie a provvedimenti quali l’estensione del suffragio alle donne e una generale amnistia che permise il rimpatrio di molti esuli. Nel 1940 si riunì la seconda Assemblea Costituente della storia dell’isola, chiamata a scrivere una nuova Costituzione che sostituisse quella del 1902. Il risultato fu un documento che si muoveva nella direzione di una democrazia sociale. Nelle elezioni politiche che fecero immediatamente seguito alla redazione della nuova Costituzione, Batista si presentò personalmente come candidato e venne agevolmente eletto, rendendo infine formale il suo ruolo di leader della politica cubana. Non riuscendosi a farsi rieleggere nel 1944, trascorse quindi un periodo di otto anni fra New York e Miami, finché nel 1948 si candidò e vinse un seggio al senato. Concorse alle elezioni presidenziali del 1952 ma, tre mesi prima delle votazioni, riuscì a prendere il potere con un golpe e il suo nuovo regime venne prontamente riconosciuto dagli Stati Uniti.[3]
La stessa natura dittatoriale del nuovo regime portava con sé i germi di quel malcontento che sarebbe presto sfociato in aperta contestazione. Un acuto osservatore Arthur Schlesinger, quando venne invitato dal governo americano a fornire una valutazione sul nuovo regime, scrisse: «The corruption of the Government, the brutality of the police, the government’s indifference to the needs of the people for education, medical care, housing, for social justice and economic justice […] is an open invitation to revolution». [4]Le parole di Schlesinger si riveleranno profetiche, quando, nel 1953, un gruppo di rivoluzionari assaltarono la caserma Moncada. Il loro leader si chiamava Fidel Castro. L’assalto si rivelò un fallimento e Castro venne arrestato e poi liberato dopo un’amnistia. Partito per il Messico, organizzò subito una nuova insurrezione, che prevedeva lo sbarco sulla Sierra Madre. Quando il piano venne messo in atto, nel novembre 1956, fu un disastro. Gli uomini di Castro vennero spazzati via da Batista, basti pensare che dei suoi 81 uomini ne scapparono solo 15. Il mese successivo gli Stati Uniti vendettero a Batista 16 bombardieri da usare nella lotta contro i guerriglieri. Pian piano, però, gli USA di Eisenhower smisero di supportare la brutale incapacità di Batista e per ironia della sorte persino i ricchi proprietari terrieri finanziarono il giovane Castro. Logorato dalle continue vittorie militari dei ribelli e abbandonato dalla Casa Bianca, Batista non ebbe altra scelta che dimettersi, la sera di capodanno del 1959. L’8 gennaio 1960, Fidel Castro fece il suo ingresso trionfale all’Avana.
Castro sapeva benissimo che nulla poteva compattare i potenti vicini contro di lui più rapidamente del sospetto che volesse instaurare un governo comunista; quando incontrò il vice Presidente Nixon gli disse, essendo ben cosciente di ciò, che avrebbe tenuto a freno i marxisti cubani, nonostante personalità di spicco del suo governo fossero comunisti dichiarati, come Che Guevara o suo fratello Raul, arrivò a dichiarare che lui non era comunista e che essi non avevano alcuna influenza nel suo governo, sostenendo anche che nella Guerra Fredda avrebbe supportato l’Occidente[5]; infatti è poco noto ma Castro era soprattutto più incline a tendenze nazionalistiche mutuate da Ramiro Ledesma Ramos e José Antonio Primo de Rivera: teorici del falangismo spagnolo e stretti allievi di Josè Ortega y Gasset, massimo conoscitore di Martin Heidegger, Max Scheler e Friederich Nietzsche in Spagna. Lo ha testimoniato anche il suo professore, colui che più lo seguì nell’educazione, padre Armando Llorente, gesuita.[6] [7]
Intanto l’atteggiamento degli Stati Uniti verso il nuovo leader cubano era al quanto ambiguo, non riuscendo essi stessi ancora a valutare se egli fosse un effettivo alleato o meno. Tale incertezza è testimoniata dal fatto che Castro, nel suo viaggio diplomatico, partecipò a tutti gli incontri elencati, non riuscendo tuttavia ad essere ricevuto dal Presidente Eisenhower, il quale, con una scusa, si allontanò per qualche giorno dalla capitale. I primi contatti fra Mosca e il nuovo governo cubano avvennero quindi in segreto e in modo molto graduale. Il vice Presidente del Consiglio dei Ministri Anastas Ivanovič Mikojan, andò in visita ufficiale a Cuba nel febbraio 1960, riallacciando così i rapporti fra i due paesi, interrotti otto anni prima. Venne siglato in quell’occasione un importante accordo commerciale che prevedeva, oltre ad un ingente prestito, la fornitura di petrolio da parte dell’Unione Sovietica e la vendita di zucchero da parte di Cuba. A partire da questo momento, sentendosi forte dell’appoggio di Chruščëv, le posizioni di Castro iniziarono a farsi più estremiste. Un incidente grave innalzò ulteriormente la tensione, allorché una nave francese contenente armi e munizioni esplose nel porto dell’Avana. Castro accusò immediatamente gli Stati Uniti, i quali si dichiararono completamente estranei ai fatti, sebbene avessero tutti i moventi per farlo. L’incidente offrì al “lider maximo” il pretesto perfetto per giustificare una richiesta di armi all’Unione Sovietica. Il 18 marzo 1960, l’ultimo ministro liberale lasciò il governo cubano e quello stesso giorno, alla Casa Bianca, Eisenhower diede ordine di incominciare a addestrare gli esuli cubani. Chruščëv colse l’opportunità per porgersi come “salvatore” di Cuba, impegnandosi non solo ad acquistare tutto lo zucchero invenduto, ma anche a difendere l’isola con l’artiglieria.
Castro passò all’offensiva, procedendo alla nazionalizzazione di zuccherifici, allevamenti, raffinerie e servizi americani per un valore di 850 milioni di dollari. L’ambasciata americana all’Avana consigliò a tutti i connazionali di abbandonare l’isola al più presto. Successivamente iniziò un programma redistributivo mettendo mano alla riforma agraria, alla campagna di alfabetizzazione, alla moralizzazione della vita pubblica, allo sviluppo della sanità e dell’edilizia popolare. Secondo lo storico americano Alejandro de la Fuente, “i programmi economici e sociali promossi dal governo cubano hanno prodotto dei risultati eccezionali per l’epoca”. Nei primi anni 1980, la diseguaglianza era diminuita in alcuni indicatori chiave. L’aspettativa di vita dei cubani non bianchi era solo di un anno inferiore a quella dei bianchi; l’aspettativa di vita era fondamentalmente identica per tutti i gruppi razziali e la disuguaglianza era significativamente inferiore a quella dei più ricchi delle società multirazziali come il Brasile (circa 6,7 anni) e Stati Uniti (circa 6,3 anni) nello stesso periodo. Anche le differenze razziali nell’educazione e nell’occupazione erano diminuite o, in alcuni casi, persino scomparse. La percentuale di laureati era superiore ai neri che ai bianchi di Cuba. [8] Ma le misure varate dal governo castrista non furono mai drastiche e rivolte all’esproprio, almeno nella prima fase. La stessa Riforma agraria ridimensionava il latifondo, lasciando però intatta la proprietà terriera, fino a un limite fin quasi duemila ettari di proprietà consentita.
Nell’aprile Castro accusava la compagnia United Fruit Company, a cui appartenevano le maggiori proprietà fondiarie, di aiutare gli esuli cubani e i sostenitori dell’ex leader Fulgencio Batista ad iniziare un’invasione marittima di Cuba diretta dagli Stati Uniti sotto attenta supervisione della CIA. In Usa, di tutta risposta, una settimana dopo, Eisenhower ordinò il blocco totale di ogni esportazione verso Cuba, eccetto medicinali e alcuni generi alimentari di base. La politica verso Cuba era ormai inestricabilmente legata al più ampio obiettivo dell’anticomunismo e della difesa dell’egemonia americana nella regione. Questo processo si accelerò quando John Fitzgerald Kennedy, a sua volta riottoso ma istigato dagli esuli cubani, lobby, CIA (diretta da Allen Welsh Dulles famoso per aver finanziato Hitler con ingenti somme di denaro e aver difeso criminali mafiosi come Lucky Luciano[9]) ed elementi dell’apparato militare industriale, non finì per promuovere, nell’aprile del 1961, la disastrosa invasione di Bahia de los Cochinos (Baia dei Porci) per cercare di organizzare la controrivoluzione sull’isola, tentativo che però fallì, provocando l’avvicinamento strategico dell’isola all’URSS.
Quindi il 25 aprile 1961 John Kennedy decretò l’embargo totale a Cuba. Nel 1962, in seguito all’installazione di missili a testata nucleare puntati contro Mosca da parte degli Stati Uniti sul territorio turco (e italiano), l’Unione Sovietica rispose con l’installazione di missili sul territorio cubano, Kennedy replicò con il blocco navale nell’Atlantico a Cuba per impedire l’installazione di nuovi missili e annunziò di aver dato ordine d’ispezionare qualsiasi nave si fosse diretta a Cuba. Ci fu pertanto un rischio molto alto di uno scontro diretto fra le due grandi potenze, che svanì quando Mosca richiamò le sue navi che portavano i missili verso Cuba e promise di smantellare le armi nucleari sul suolo cubano, senza peraltro consultare Castro, che minacciò la rottura delle relazioni con Mosca; Washington promise di fare altrettanto per i missili installati in Turchia e di non aggredire più Cuba. [10]
L’economia cubana fu interamente condizionata dall’Unione Sovietica, che comprava lo zucchero di canna cubano a prezzo superiore a quello di mercato e concedeva prestiti. Il crollo degli stati del Patto di Varsavia provocò dopo poco tempo la riduzione e la fine degli aiuti di Mosca all’isola; nel contempo l’embargo americano ha continuato a provocare grandi problemi all’economia dell’isola. [11] Dovremmo aspettare fino al 2014, quando il presidente statunitense Barack Obama espresse la volontà di porre fine all’embargo commerciale con l’isola e i cittadini di Cuba sperano in un futuro roseo per l’economia di quella che potrebbe diventare la nazione più forte dell’America Centrale. Nel 2016 è morto Fidel Castro Ruz all’età di 90 anni. Nel 2017 è diventato presidente il fratello Raul. Nel 2018 è stato eletto presidente il giovane Miguel Diaz Canel, tutt’ora in carica.
El bloqueo visto da vicino
Ma cos’è l’embargo? Si tratta di una misura che affonda le sue radici nella strategia militare e che mira sostanzialmente a impedire che il nemico possa ricevere approvvigionamenti in modo da provocarne la resa per sfiancamento. Queste misure, che spaziano dal campo economico e a quello finanziario, sono state imposte dagli Usa in modo indiretto anche ai propri alleati, attraverso sanzioni e pressioni su imprese straniere con grossi interessi in territorio statunitense. La storia dell’embargo cubano inizia nell’ottobre del 1960, in risposta agli espropri di aziende e altre proprietà di cittadini statunitensi sull’isola da parte del nuovo governo rivoluzionario insediatosi dopo il 1° gennaio 1959. Cuba in quel momento era fortemente dipendente dall’economia Usa verso la quale esportava e importava 2/3 di tutte le merci che di trovavano sull’isola. Fino all’arrivo di Kennedy al potere, e sotto la presidenza di Dwight Eisenhower (che fu il primo a rompere le relazioni diplomatiche con la Cuba di Castro), cibo e medicine vennero escluse dal blocco economico Usa. Le cose però peggiorarono considerevolmente a partire dal 3 febbraio 1962, quando Kennedy decretò l’embargo totale del commercio tra Usa e Cuba, in ottemperanza alla sezione 620(a) del Foreign Assistance Act (emanato l’anno anteriore). Da quel momento l’escalation è stata inarrestabile, con altre leggi successive nel 1963, nel 1979 fino ad arrivare a quelle del 1992, il Cuban Democracy Act (CDA), e del 1996, la Legge Helms-Burton.
Si nota che il requisito del CDA che asserisce le navi attraccate a Cuba non possono fermarsi nei porti degli Stati Uniti per 180 giorni si applica anche alle donazioni internazionali e i donatori internazionali devono richiedere una licenza alle agenzie governative degli USA se il materiale che stanno inviando contiene oltre il 10% di componenti di origine statunitense. Le restrizioni imposte alle donazioni di beneficenza dagli Stati Uniti notiamo essere simili a quelle imposte al commercio e hanno lo stesso impatto scoraggiante: un processo di licenza ingombrante e restrizioni sulla spedizione comportano ritardi e costi più elevati che limitano i contributi. Ad esempio, il Consiglio delle Chiese cubano ha sperimentato fino a ritardi di tre mesi nelle donazioni statunitensi reindirizzate attraverso il Canada. Il Catholic Relief Services ha riferito che la spedizione indiretta attualmente quadruplica i suoi costi di spedizione. Anche le donazioni di paesi terzi e agenzie di aiuto internazionali sono limitate dai ritardi e aumentate costi imposti dalla legge statunitense. [12]
Quando l’ormai scossa opinione pubblica chiese il motivo delle sanzioni, alcuni dirigenti politici affermarono che le proteste fossero contro il regime e non contro il popolo cubano. Ma ovviamente la realtà è ben altra: gli americani sono coscienti che le sanzioni avrebbero colpito le fasce più povere della popolazione e non il regime in se`, ma la carestia avrebbe secondo loro provocato rivolte che sarebbero state propagandate in lungo e largo per il Mondo dando così una visione negativa del governo castrista finendo per rendere impossibile alleanza con paesi esteri, facendo implodere tra le proteste il regime. Insomma se guardiamo quello che succede oggi ci accorgiamo che l’intento del presidente Clinton a distanza di 20 anni si è realizzato con manforte della Covid-19.
Le aperture dell’amministrazione di Barack Obama (2009-2017) verso Cuba avevano fatto sperare in una graduale ma costante regressione dell’embargo, ma con l’arrivo di Donald Trump le cose sono peggiorate. Infatti sotto l’amministrazione repubblicana di Trump Cuba è tornata a far parte della lista dei paesi che secondo gli Usa sarebbero una minaccia per la sicurezza globale. Insomma, un vero e proprio ricatto internazionale giocato dalla più grossa economia mondiale contro la piccola isola caraibica.
Sono passati più di 60 anni dall’inizio del blocco economico degli Usa contro l’isola di Cuba, la comunità internazionale continua a sancirne l’illegalità, l’arbitrarietà e a chiederne la cessazione. Una misura inizialmente intrapresa dal governo degli Stati Uniti per spodestare Fidel Castro e la sua rivoluzione, si è trasformata negli anni in un sistema oppressivo asfissiante, che viola i diritti umani degli abitanti dell’isola oltre che le norme di diritto Internazionale. Il 23 giugno del 2021 l’Assemblea dell’Onu ha ratificato che l’embargo economico che gli Stati Uniti d’America stanno portando avanti contro Cuba è illegale e che deve cessare. Il risultato della votazione è stato inequivocabile: 184 voti a favore della fine dell’embargo, 3 astensioni (Colombia, Ucraina ed Emirati Arabi Uniti) e 2 soli voti contrari: Usa (del Presidente Biden) e Israele.[13] Da notare i grandi campioni di democrazia tra astenuti e contrari. Questa però non è la prima volta che l’Onu si pronuncia in merito, anzi. Dal 1992 sono state ben 29 le richieste dell’Onu agli Usa sulla cessazione del bloqueo economico verso Cuba. Un’arma impropria e illegale, usata dal gigante nordamericano fin dagli anni 60 e che con il passare del tempo si è consolidata sempre di più.
Come abbiamo visto l’embargo si è allargato anche al campo medico e alimentare; quella che porta avanti il settore sanitario a Cuba è una vera e propria lotta di sopravvivenza, iniziata ben prima dell’arrivo della pandemia da Covid-19. L’impossibilità di importare medicinali o dispositivi medici necessari per i propri pazienti (molti fabbricati negli Usa o sotto licenza di farmaceutiche statunitensi) creano una cronica crisi del sistema sanitario che si vede in difficoltà nel somministrare le terapie, anche per casi di patologie comuni. Le problematiche colpiscono neonati e bambini, che non hanno accesso ai prodotti nutrizionali, così come chiunque necessiti di antibiotici. I costi per viaggiare all’estero in cerca di cure sono esorbitanti per le persone comuni a Cuba e questo non rappresenta una soluzione, se non per le classi agiate. Ancora più drammatica è poi la situazione di coloro che soffrono di malattie per le quali si rende necessaria una cura particolare e dei farmaci specifici. Nel particolare è stato calcolato che in 60 anni El Blonqueo ha causato perdite pari a $1,098,008,000,000 di cui $3,074,033,738 solo nel settore sanitario, queste somme ci fanno rendere conto della mostruosità di questa misura coercitiva. [14]
Sulle condizioni mediche dei cittadini cubani
Cuba però ha dimostrato una grande capacità di resistenza e l’intreccio di alleanze internazionali ha permesso al Partito comunista cubano (Pcc) di mantenere a galla, anche se con fatica, l’economia. Russia, Cina, Iran e Venezuela sono i principiali alleati della rivoluzione castrista che dopo l’implosione dell’Urss e la fine della Guerra Fredda subì un contraccolpo economico durissimo, essendo stato il blocco sovietico il principale partner economico dell’isola.
I controrivoluzionari accusano il governo cubano di non fare nulla per i propri cittadini ma il budget della quota di bilancio nazionale destinata alla sanità è aumentata dal 5,8% nel 1989 al 7,6% nel 1993, mentre la spesa proporzionale per la difesa e l’amministrazione del governo è diminuita notevolmente. Secondo l’UNICEF, il sistema sanitario cubano fornisce infatti servizi medici gratuiti al 98% della popolazione, superando la copertura sanitaria sia degli Stati Uniti che nel resto dell’America Latina. I servizi sanitari sono ampiamente disponibili per la popolazione, indipendentemente dallo status economico, politico, etnico o religioso. Oltre il 95% del pubblico è visitato da medici di famiglia locali, ciascuno dei quali serve circa 150 famiglie nei loro quartieri. L’ufficio di Washington in America Latina Cuba ha uno dei più alti rapporti medico/paziente al mondo: nel 1996 c’erano 60.129 medici in Cuba, la metà di questi specialisti, per un rapporto di un medico ogni 183 abitanti. I problemi nel sistema sanitario non sono causati per l’inaccessibilità ai medici ma per l’indisponibilità di medicine nelle forniture a causa di carenze economiche e l’embargo. [15] Notiamo che nel giugno 1993, una delegazione sponsorizzata dall’American Public Health Association si recò a Cuba per valutare l’impatto dell’embargo sulla salute pubblica dei cubani. Il rapporto dell’Associazione rileva che le politiche del regime castrista attribuiscono un’alta priorità all’assistenza sanitaria hanno contribuito a una grande riduzione delle mortalità infantili e al miglioramento della salute generale. L’associazione, tuttavia ha scoperto che l’inasprimento dell’embargo statunitense, attraverso l’emanazione del CDA, è stato associato ad un peggioramento della salute generale del popolo cubano. [16]
Ci sono carenze e ritardi in tutto il sistema medico e preoccupanti segni di problemi di salute pubblica, compreso l’aumento della mortalità per malattie infettive, e maggior numero di bambini in sottopeso alla nascita. Ad oggi il comparto salute cubano continua a cercare di sopperire all’embargo producendo in loco i farmaci e portando avanti sperimentazioni di vaccini e nuove cure. Noto il caso nel 2017 del farmaco Cimavax, un medicinale che secondo studi cubani ha dimostrato di prolungare la vita dei malati di cancro ai polmoni per diversi mesi e talvolta anni. Appresa la notizia della sperimentazione del farmaco Made in Cuba a New York, furono decine gli statunitensi che violando l’embargo decisero di recarsi sull’isola per farsi curare. Infine i due vaccini contro il Covid-19, Soberana 02 e Abdala, sono la risposta della piccola isola caraibica alle multinazionali farmaceutiche e all’embargo. I due vaccini di cui parlavamo creati interamente a Cuba dall’impresa BioCubaFarma che hanno dimostrato rispettivamente una efficacia del 62% (con due dosi) e del 92% (con tre dosi). Soberana 02 e Abdala sono già stati somministrati a 2,69 milioni di cubani, ma si attende ancora l’analisi da parte della comunità scientifica e delle agenzie di regolamentazione per la certificazione dell’OMS. [17]
Sui bot cubani
Se già la falsa informazione è un danno (volontaria o meno che sia) si aggiunge anche la beffa: infatti sembra proprio che dei bot stanno invadendo i social spammando messaggi con allegate ricerche di aiuto. Chiaramente talli bot son programmati dalla CIA o da qualche ente anti-comunista con incredibili capacità logistiche dato che possiamo ritrovare lo stesso fenomeno sia nel rovesciamento del Presidente boliviano Evo Morales e sia nel tentativo fallito contro Nicolas Maduro in Venezuela; tanto è che The Grayzone ha riferito l’anno scorso su come Facebook abbia bloccato un’operazione con sede negli Stati Uniti gestita dalla società di “comunicazioni strategiche” CLS Strategies a sostegno dell’attacco al Venezuela e del golpe boliviano nel 2019. [18] [19] Tanto è che a giugno Cuba ha denunciato che, in vista del 2022, l’amministrazione Biden aveva richiesto 58,5 miliardi di dollari per la sovversione: un aumento del 10% rispetto al budget di quest’anno. Dopo gli eventi dell’11 luglio, uno dei principali destinatari dei fondi americani, al centro della campagna di destabilizzazione, è stato Proactive Miami Foudation Inc. [20]
L’11 luglio nasce l’hashtag #SOScuba da un tale account “Javi” che pare abbia scritto in un sol giorno 1000 tweet e retwitti ad una velocità di 5 tweet al secondo [21], un po’ strano per un commediante cubano (con sede a Cuba) e soprattutto dato che sempre a detta di questi bot manchi il Wi-Fi a causa del regime. Altro attacco mediatico significativo è stato attuato da un certo “CARNOTA_96”. Sono ormai migliaia questi account che cercano visibilità sotto pagine di grandi influencer per espandere il loro messaggio di discordia: INVADETE CUBA PER LIBERARCI! Pare che dietro vi sia addirittura l’ultradestra, dal centro democratico di Uribe (Colombia) a VOX (Spagna). L’orda di bot inoltre ha attaccato un noto account pro-cubano con il nome dell’eroe nazionalista cubano Jose Marti; la sua page infatti ha registrato anche sabato un record di molestie di massa da parte di questi fake users.”Ieri ho dovuto bloccare il mio account perché era inondato di bot spam, sto ancora ricevendo messaggi molte ore dopo”, ha dichiarato all’inizio di domenica il curatore della page, mostrando un video di una lunga lista di dozzine di risposte spam a un post in cui si parlava del ruolo della CIA nel creare e diffondere foto fotogeniche ai loro scopi delle reali proteste cubane, non contro il regime ma contro il blocco americano. [22]
È da notare che il personaggio, tale @agusantonetti [23] [24], che ha dato avvio all’hashtag #SOScuba è direttore del International Federation of Liberal Youth (IFLY) [25] in Argentina ed esperto in Social media management; tale organizzazione liberale ha avuto forti influenze sia nelle “proteste colorate” in Venezuela che in Bielorussia. [26] Twitter come risposta a tutto ciò`, al posto di eliminare la macchina mediatica della CIA, ha messo a tacere dozzine di importanti fonti di informazioni concrete, tra cui testate giornalistiche come Mesa Redonda, CubaDebate e il giornale ufficiale del Partito Comunista di Cuba, Granma, così come molti giornalisti delle varie testate; alcuni degli account avevano centinaia di migliaia di follower. Twitter ha anche sospeso anche gli account di diversi ministeri del governo e politici di spicco, tra cui l’allora primo segretario del PCC Raul Castro e la direttrice del Centro nazionale per l’educazione sessuale (CENESEX) Mariela Castro Espin. Tuttavia il direttorato dello stesso social, difronte all’evidenza ha ammesso che correlate agli hashtag anti-governo vi sono delle “inautentiche azioni coordinate”, ovvero moltitudini di accounts che agiscono contemporaneamente a fine comune di diffondere tali hashtags in modo anomalo.
Sulla connessione rete
L’agenzie per la sicurezza statunitensi che monitorano da anni lo sviluppo della comunicazione digitale a Cuba, affermano che dal 2013, quando il governo ha installato la fibra ottica attraverso zone Wi-Fi e cybercafé, fosse aumentato del 346% nel 2017. Dal 2018 è disponibile l’accesso a Internet tramite dati mobili. Nel 2019, l’ONG Freedom House ha indicato che vi fossero 682 centri internet e 1.513 punti Wi-Fi. Entro il 2020, ha affermato, Internet aveva raggiunto il 18% delle famiglie e c’erano 3,18 milioni di telefoni cellulari con funzionalità di navigazione. [27] I prezzi delle connessioni, da zone Wi-Fi, o dati mobili, o dalle case attraverso il servizio “Nauta Hogar” sono diminuiti, soprattutto dalla riforma economica del gennaio 2021, quando tutti gli stipendi sono aumentati di almeno 5 volte, e i prezzi di Internet sono rimasti stabili. Nel 2021 sono stati segnalati 7,7 milioni di cubani che accedono a Internet quotidianamente. [28]
Ecco spiegato come possiamo accedere all’enorme quantità di video di manifestazioni pro-governo; piccola nota: se tali “parate” fossero organizzate forzatamente dal governo allora affermerebbero il suo estremo autoritarismo mentre se non vi fossero molte manifestazioni pro-governo affermerebbero che non vi è sostegno dei cittadini al governo in quanto dittatoriale e repressivo, in ogni caso il governo comunista è giudicato negativamente; queste sono le solite congetture religiose e infalsificabili con cui i liberali sono soliti sciacquarsi la bocca; amano tanto Popper per finir esser messi con le spalle al muro (metaforicamente) dal loro stesso idolo.
I collegamenti cubani col digitale però sono mediati da cavi sottomarini implementati dalla Huawei e satelliti che a malincuore passano per le fauci di Uncle Sam. Quando Biden afferma che è necessario “ripristinare Internet a Cuba” mi vien da pensare che deve essere un uomo di grande acume in quanto la fibra ottica pienamente e i collegamenti satellitari non arrivano a funzionare al 100% come in ogni Paese occidentale a causa del blocco ri-inasprito dall’ex presidente Trump [29] [30] e del CDA. A testimonianza Boris Moreno Cordovés, Vice Ministro della Tecnologia dell’Informazione e delle Comunicazioni afferma che «La stessa legge (il CDA) ha stabilito la limitazione dell’appalto alle telecomunicazioni, con la condizione che dovesse essere concordata con imprese americane o loro sussidiarie, e che ogni nuova aggiunta o modifica richiederebbe l’ottenimento di una licenza dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti.» [31] Ovviamente si evince che un tale concordato è impossibile da conciliare con una Cuba libera ed autonoma economicamente. De facto tutt’ora solo un cavo, l’Alba-1, proveniente dal Venezuela è infatti operativo, in quanto non legato a nessuna limitazione economica o giuridica, ed ha permesso quei già grandi sviluppi sopra definiti. [32] Se ora Biden reclama il pieno funzionamento (in quanto come dimostrato internet già funziona) della connessione Wi-Fi a Cuba, procedesse ad eliminare molte delle clausole del CDA.
Sul sistema politico cubano
L’ennesima bugia alla quale la CIA mano nella mano con l’ultradestra e` quella di una Cuba autoritaria e anti-libertaria. Analizziamo in breve il sistema politico cubano. Il regime politico poggia le basi nella difesa di una democrazia popolare, che si stabilì in seguito alla Rivoluzione del 1959 e, da allora, si evolve instancabilmente verso uno stato completamente socialista. Nella stessa costituzione si afferma che Cuba è, irrevocabilmente, uno stato socialista, e si impedisce la modifica del regime socio-economico stabilito; oltre ad ammettere come unico partito politico legale il Partito Comunista di Cuba. Il governo si compone di tre organi fondamentali. L’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, che forma l’organo del potere supremo, che copre i poteri costituente e il legislativo e ha la capacità di eleggere i componenti degli organi esecutivi, giudiziali e altri complementari. I parlamentari devono solo giustificare le proprie azioni davanti agli elettori e l’Assemblea del Potere Popolare del suo comune.
L’organo superiore che figura come rappresentante del parlamento è il Consiglio di Stato, composto dal capo dello Stato e dal governo, il primo vicepresidente e altri 5 vicepresidenti, un segretario e 23 membri. Il terzo organo è costituito dal Consiglio dei Ministri che svolgono la funzione esecutiva. È formato dal presidente, il primo vicepresidente del Consiglio di Stato, un gruppo di vicepresidenti, il segretario, i ministri e i presidenti di altre istituzioni di carattere ministeriale. Al complesso statale si aggiungono tre organi superiori. Il Tribunale Supremo Popolare che esercita il potere giudiziario; il Procuratore Generale della Repubblica, garante del compimento legale dei cittadini e delle istituzioni; e l’organo conosciuto come Ufficio del Controllore Generale della Repubblica, che funziona che revisore dei conti dell’economia e finanza statale. D’altra parte, lo Stato ha inoltre il Ministero degli Interni, organo per la sicurezza e il controllo del paese; e il Comitato di Difesa Rivoluzionario, un’organizzazione non governativa incaricata del mantenimento dell’isola, della pulizia delle strade e della sua sicurezza, formato dagli stessi cittadini che vi si associano a partire dai 14 anni. Il territorio nazionale cubano è diviso in 14 province, un municipio speciale assistito a livello centrale e 164 municipi subordinati alle rispettive province.
Le Assemblee dei delegati del Poder Popular, costituite in ognuna di queste circoscrizioni politico-amministrative, rappresentano gli organismi superiori locali del potere dello Stato, secondo la Costituzione della Repubblica. I membri di queste istituzioni a livello municipale e provinciale sono investiti della più alta autorità 206 per l’esercizio delle funzioni statali. In virtù di ciò e per quanto li concerne, esercitano funzioni governative e, attraverso gli organi che vengono a costituire, dirigono enti economici, di produzione e di servizi che sono loro direttamente subordinati, e sviluppano le attività richieste per soddisfare le necessità assistenziali, economiche, culturali, educative e ricreative della popolazione residente nella loro giurisdizione. Ugualmente, questi governi provinciali e municipali contribuiscono allo sviluppo delle attività e al compimento dei piani delle unità insediate nel loro territorio, che non sono però a loro subordinate. Secondo la legge, per l’esercizio delle loro funzioni, le Assemblee nelle istanze precedentemente indicate, si appoggiano all’iniziativa e alla partecipazione della popolazione e agiscono in stretta coordinazione con le organizzazioni sociali e politiche.
Esistono inoltre i Consigli Popolari, che vengono costituiti nelle città, nei paesi, nei quartieri, nei villaggi e nelle zone rurali; sono investiti della più alta autorità per lo svolgimento delle loro funzioni, rappresentano l’area in cui agiscono e allo stesso tempo sono i rappresentanti degli organismi del Potere Popolare. Questi Consigli lavorano attivamente per l’efficienza nello sviluppo delle attività di produzione e dei servizi e per soddisfare le necessità assistenziali, economiche, educative, culturali e sociali della popolazione. Coordinano anche le attività degli enti presenti nella loro area di azione, ne promuovono la cooperazione ed esercitano il controllo e la fiscalizzazione delle loro attività. I Consigli Popolari vengono costituiti tra i delegati scelti nelle circoscrizioni elettorali di base, che dovranno nominare al loro interno chi li presiede. Agli stessi possono appartenere rappresentanti delle organizzazioni e delle istituzioni più importanti della circoscrizione.
È competenza delle Assemblee provinciali e municipali del Poder Popular: – rispettare e far rispettare le leggi e le disposizioni di carattere generale emanate dagli organi superiori dello Stato; – partecipare all’elaborazione, all’approvazione e al controllo del bilancio e del piano tecnico economico delle loro rispettive aree; – adottare le decisioni sui temi d’interesse delle loro giurisdizioni e controllare la loro applicazione; – designare e sostituire i membri degli organismi locali dell’amministrazione; – proporre la creazione e l’organizzazione dei Consigli Popolari. Una volta costituite le Assemblee municipali (21 giorni dopo l’elezione dei delegati) e provinciali (15 giorni dopo), queste eleggono tra i loro membri, mediante voto segreto e diretto, i loro presidenti e vicepresidenti, che assumono immediatamente i loro incarichi. Il mandato dei delegati alle Assemblee Municipali dura due anni e mezzo, mentre quello dei Delegati delle Assemblee Provinciali ha un termine di cinque anni. Nella sessione di costituzione di ogni Assemblea, i delegati eletti firmano un giuramento di lealtà alla Patria, alla Costituzione e alle leggi, in qualità di servitori del popolo, al cui controllo si sottomettono, impegnandosi a compiere onestamente tutte gli obblighi imposti dal loro incarico. I presidenti delle Assemblee Municipali e Provinciali sono i presidenti dei rispettivi organismi di governo e rappresentano lo Stato nelle loro demarcazioni. [33] [34] [35] [36]. Insomma abbiamo un sistema gradualistico e realmente democratico, che ha per elementi base assemblee comunali di delegati scelti in circoscrizione municipale…roba che in Italia ci sogneremo.
Conclusioni
Resta quindi che congedarci, il lettore se sarà arrivato a questo punto avrà capito cosa sta succedendo fuori dalla bella Italia. Oggi come ieri gli americani difensori della libertà e della democrazia a mano a mano marciano con i nazisti tra alt-right, conservatori vecchio stampo e forze controrivoluzionarie. Spetta a pochi occuparsi di difendere la libertà di un popolo che se dovesse cedere la morsa finirà sottomesso all’Impero come altri prima di lui. Per riprendere Castro: “Non ci sarà un altro Guatemala”.
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