Paz e l’artista “improduttivo”

Nel film Paz! i personaggi sono tratti dai fumetti di Andrea Pazienza, geniale disegnatore e pittore italiano. Un personaggio, Pentothal, è l’alter-ego dell’autore. Nel film, Pentothal è interpretato dall’attore Claudio Santamaria. Pentothal è un disegnatore di fumetti sprofondato in uno stato di torpore addirittura atarassico, è un giovane indolente e svogliato, ignavo ed estraniato dal mondo, sempre chiuso in casa e con addosso un pigiama. Pentothal è uno studente iscritto al DAMS, Dipartimento delle Arti, Musica e Spettacolo, all’Università degli Studi di Bologna. In effetti, Pentothal rappresenta l’autoritratto di Andrea Pazienza, è un personaggio palesemente autobiografico, come autobiografici sono quasi tutti i personaggi creati dall’estro di Andrea Pazienza. Nel film Paz! c’è una scena emblematica in cui i compagni del movimento (il contesto del film è la Bologna del 1977) rimproverano Pentothal di essere “improduttivo” ed urlano: «o diventi produttivo o …», «sei un artista e te ne freghi», «ce lo caghi che sei un artista!». In effetti, Pazienza, pur essendo un po’ marginale rispetto al Movimento settantasettesco, ne interpretò le ansie, le inquietudini, le ribellioni, le contraddizioni. Ma chi era Andrea Pazienza? E quale ruolo può svolgere l’artista nella società contemporanea? In che modo l’artista può concorrere al progresso del genere umano?

Andrea Pazienza, scomparso prematuramente nel 1988, è stato uno degli artisti più geniali, fecondi e poliedrici del panorama fumettistico italiano, nonché un prolifico e notevole autore di illustrazioni di vario genere. Fondamentalmente, egli era un pittore prestato al fumetto, per cui è stato un audace sperimentatore che ha rinnovato le tecniche del disegno, un campione impareggiabile dell’arte fumettistica, un autore straordinario che ha fatto scuola, ma che non ha avuto epigoni in quanto il suo talento era unico ed inimitabile. Andrea era figlio d’arte in quanto suo padre era professore di educazione artistica e grande acquerellista, mentre sua madre era insegnante di applicazioni tecniche. Quando Andrea cominciò a dedicarsi all’arte del fumetto poté sfruttare un ricco bagaglio di conoscenze pittoriche e letterarie ed una raffinata formazione culturale, applicando nel procedimento fumettistico le tecniche e gli stili derivanti dall’arte classica e d’avanguardia, soprattutto la grafica pubblicitaria e l’ironia iconoclasta del movimento dadaista, da cui rimase letteralmente folgorato, avviandolo ad una visione anarcoide del mondo, e dell’arte in modo particolare. Agli inizi del 1977, proprio al DAMS, Umberto Eco, dopo aver esaminato i suoi disegni, lo segnalò ad Oreste del Buono, che era all’epoca direttore responsabile di Linus, la più importante e prestigiosa rivista italiana di fumetti, che tra i vari autori ha ospitato le vignette di Altan, Angese e Vauro. Ma Oreste del Buono rispose che le sue storie non erano adatte alla testata da lui diretta. Più tardi Andrea irruppe da solo nella redazione di Linus, presentandosi con una serie di tavole a colori che riscossero l’attenzione di Hugo Pratt ed il consenso della redazione. Così, sulle pagine del supplemento Alter Alter, nato da una costola di Linus, Pazienza iniziò a pubblicare la sua prima storia a fumetti, Le Straordinarie avventure di Pentothal, in cui si riflette lo spirito del movimento studentesco, non assimilabile ad ideologie prestabilite. Andrea Pazienza ha fondato e collaborato con varie riviste di controcultura, satira e fumetti underground che hanno deriso il conformismo ed il perbenismo borghese: si pensi a testate di culto come Cannibale, Il Male, Frigidaire, quindi Corto Maltese, Comic Art e Orient Express, nate nei primi anni ’80, nonché inserti satirici come Ottovolante, il supplemento di Paese Sera, Satyricon di Repubblica, Tango de l’Unità, ed ha partecipato a numerose pubblicazioni editoriali.

Alcune vignette satiriche d’artista di Andrea Pazienza

Tra i suoi personaggi bisogna citare Pentothal, Zanardi, Pompeo. Una menzione a parte merita Pertini, dedicato alla figura del Presidente della Repubblica più amato dagli italiani per i suoi atteggiamenti informali che si discostavano dall’ufficialità e dai cerimoniali della politica istituzionale. Celebre divenne la copertina disegnata da Paz nel dicembre 1979 per Il Male. Il Presidente in persona chiamò Andrea per congratularsi con lui e chiedergli la copertina in omaggio. Occorre aggiungere che Pazienza non ha lavorato soltanto nel campo della Nona Arte, ma ha svolto un’intensa ed eclettica attività grafica, creando importanti locandine per il cinema ed il teatro (ad esempio, l’immagine del film La Città delle Donne di Federico Fellini; inoltre, pare che Roberto Benigni volesse affidargli il manifesto del film Il piccolo diavolo, ma la prematura scomparsa dell’artista impedì la realizzazione del progetto), copertine di dischi di Claudio Lolli, Amedeo Minghi, David Riondino, Enzo Avitabile, Roberto Vecchioni, Franz Di Cioccio e la PFM, nonché scenografie, costumi, illustrazioni per cartoni animati, murales e persino per alcune campagne pubblicitarie.

Pare che Andrea Pazienza fosse un pigro. Non a caso, una peculiarità tipica degli artisti geniali è l’indole oziosa, che non significa essere apatici, né accidiosi. Molti confondono l’indolenza con l’ignavia, l’indifferenza, che invece sono caratteristiche detestabili. Un altro artista assai famoso e geniale, di indole notoriamente pigra, era Massimo Troisi. Ma la pigrizia sembra una caratteristica quasi antropologica degli italiani. Si tratta, indubbiamente, di un falso stereotipo e di un banale luogo comune, tuttavia pare che gli italiani siano un popolo di assidui ed instancabili grafomani, ma che leggono assai poco. Come si spiega ciò, se non con la pigrizia? È noto, ed è confermato dalle statistiche, che in Italia esistono più scrittori che lettori. Ma al di là dei limiti tecnici e dei talenti personali, non credo che sia giusto “castrare” l’ansia comunicativa che si esprime attraverso l’impiego della parola scritta anziché tramite altri codici di tipo extraverbale. Del resto, questo desiderio e questa ansia creativa si manifestano anche in altri settori come il disegno, la musica, il teatro, la fotografia. Quanti di noi si sono cimentati in uno di questi campi almeno una volta nella vita? Si pensi soltanto alle recite teatrali allestite a scuola, alle attività grafiche e pittoriche sperimentate sin dall’infanzia, alle invenzioni artistiche realizzate per puro e semplice diletto.

Il vero problema è un altro, vale a dire il rapporto tra la libertà espressiva e l’industria culturale, tra l’arte e l’economia di mercato. Ogni artista ha dovuto confrontarsi con i propri limiti, ma soprattutto con le contraddizioni insite nell’ordinamento economico capitalista. In un’economia di mercato i soldi si accumulano vendendo merci. Ebbene, se un talento è mercificato, ossia ridotto a merce, e come tale messo in vendita, è probabile che ci siano discrete possibilità di ottenere qualche guadagno, ma in realtà soltanto le briciole sono destinate all’artista, oppure allo scrittore, a meno che non si tratti di Umberto Eco e poche altre star della cultura. Invece, gli utili maggiori vanno a finire nelle tasche dei manager, degli editori, dei padroni dell’industria culturale. Nell’odierna società mercantile e consumista di massa, l’arte, il cinema, la letteratura, la musica, sono solo merci da vendere e comprare, prodotti dell’industria culturale e dello spettacolo, finiscono esposte in vetrine televisive come il Maurizio Costanzo Show o in altri salotti mediatici. In un sistema mercantile la qualità estetica è sacrificata in nome della quantità, mentre si valorizzano i criteri commerciali, come un manufatto che ha la proprietà di vendersi in quanto ottiene il gradimento del pubblico, perciò è prodotto su scala industriale. Il mercato tende a svilire le opere di gran pregio, per privilegiare ed assecondare solo le esigenze del profitto, che non hanno nulla a che spartire con l’ingegno, l’arte e la maestria. Temo che se nascesse un nuovo Giotto, o un nuovo Michelangelo, un nuovo Leonardo da Vinci, oppure, citando personaggi più recenti, un nuovo Demetrio Stratos, un nuovo Rino Gaetano, un nuovo Andrea Pazienza, un nuovo Hugo Pratt, l’autore di Corto maltese, o un nuovo Bonvi, il creatore delle Sturmtruppen, in altri termini un talento straordinario dell’arte, della pittura o del fumetto, della poesia, della letteratura, della musica, rischierebbe di essere povero e misconosciuto, con scarse probabilità di essere scoperto e, nel caso si riuscisse a lanciarlo sul mercato e a pubblicarne le opere, non riscuoterebbero il meritato premio o il riconoscimento da parte del pubblico, mentre l’industria culturale di massa continuerebbe a promuovere le solite insulsaggini di stampo commerciale. Nel nostro tempo non c’è più alcun margine di intervento per il mecenatismo che tenti di scoprire e favorire l’arte e il talento. Nella società mercantile di massa non si potrà mai sviluppare un nuovo Rinascimento artistico e culturale pari a quello che rese magnifico il periodo tra la prima metà del 1400 e la prima metà del 1500, in quanto non godrebbe del sostegno degli sponsor, degli editori, dei manager e dei padroni dell’industria della cultura e dello spettacolo, troppo presi dai loro squallidi interessi affaristici.

— Compagno Lucio

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