E dopo giorni di consultazioni e strategie, nomi che vengono e nomi che vanno, accordi fra le parti fatti e stracciati, ecco che dal senato giunge una soluzione: il nuovo Presidente della Repubblica sarà quello uscente. Ce lo si aspettava, visto l’incontro fra lui e Draghi e i continui appelli di quest’ultimo affinché Mattarella rimanesse.
Dopo le congratulazioni di rito, però, una domanda sorge spontanea: quanto durerà?
È palese che questa mossa sia opera di un governo dalla maggioranza traballante che cerca in Mattarella un elemento di stabilità che gli permetta di rimanere a galla ancora per un po’.
Per trovare una risposta a questa domanda, possiamo guardare al presidente precedente, Giorgio Napolitano, il primo nella storia della Repubblica ad aver ricoperto il suo ruolo per più di un mandato e, a quanto pare, non l’ultimo.
Le due situazioni sono tutto sommato comparabili, anche se si devono fare le dovute distinzioni.
Nell’Aprile 2013 a chiedere il bis a Napolitano furono Bersani per conto del PD, Berlusconi per conto del suo Popolo della Libertà (che solo sei mesi dopo sarebbe ridiventato Forza Italia in seguito alla scissione di Alfano e dei suoi) e l’allora Presidente del Consiglio Mario Monti. Alla rielezione di Napolitano segue il breve Governo Letta, un vero e proprio “governo di larghe intese” dalle fondamenta insicure pensato per tenere insieme una situazione politica e istituzionale disastrosa su cui gravava la chiassosa e riottosa spada di Damocle chiamata Movimento 5 Stelle.
Lo stesso Letta ha dichiarato a giornali e agenzie di stampa in queste ore che ripetere una mossa simile sarebbe stata “l’ennesima sgrammaticatura costituzionale”, per evitare la quale si è preferito agire all’interno del parlamento facendo partire la richiesta dai capigruppo al Senato e dal presidente Draghi, che nel suo incontro con Mattarella avrebbe indicato un secondo mandato come l’unica opzione possibile per evitare una crisi di governo e la conseguente instabilità politica.
Anche prima che questi desse la sua disponibilità abbiamo però visto una gran mole di voti convergere nella sua direzione, provenienti soprattutto dai grandi elettori (336 nel sesto scrutinio venerdì nonostante la mancanza di indicazioni in merito da parte dei partiti), segnale che la nostra classe politica è incapace di fare qualsivoglia accordo e prendere qualsivoglia decisione comune tranne quando si tratta di tagliare fondi e negare diritti, e per mantenere lo status quo ha bisogno di punti fermi “esterni” e “mediani”, che non ragionino secondo logiche di partito ma secondo logiche di sistema, ponendosi appunto a garanzia di un equilibrio fra le parti: Mattarella al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi.
“Ma quindi, quanto durerà questo mandato?” vi sento già chiedere, infastiditi da questo mio lungo sproloquio.
La risposta che mi sento di dare, per quanto possa suonare banale, è “fino a quando servirà”, ovvero fino a quando i partiti non troveranno un accordo su una figura alternativa che possa ricoprire questo ruolo di garante e bilancia fino alla prossima, endemica ed inevitabile crisi di governo.
Certo è che Mattarella non è un cyborg, ha ottant’anni e si avvia verso gli ottantuno: se completasse un altro settennato lascerebbe la carica quasi novantenne. Napolitano si è dimesso a novanta, ed è una cosa che non auguro a nessuno.
~Compagno CAS