La liberalità dei diritti liberali

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C’è stato un gran parlare di diritti civili l’anno passato ed al contempo s’ha assistito ad una tappa importante e fatidica per l’abolizione sotanziale dei diritti dei lavoratori in Italia. Si parlò, e si parla tutt’ora, di un’ingente regressione delle tutele ottenute dall’alto dopo anni di lotte, rispetto agli anni ’70, mascherata dall’ottenimento, in sé giusto, delle unioni civili per le coppie non sposate, che è stato traviato in un solo diritto per queer, e quindi di nicchia, e non, com’è in realtà, un diritto generale, siccome sono presenti coppie etero non sposate che, con questo provvedimento, si vedono riconosciute.

Diritti, dunque, il grande argomento al giorno d’oggi, si esigono diritti, civili, politici, sociali, e sempre meno il dovere umano che ci deve contraddistinguere in quanto membri d’una stessa specie, senza predatori interni, di qualunque tipo: la solidarietà e l’unità contro le cose avverse, possano essere queste, come in passato, lupi, leoni o la fame, o come oggi, padroni, tributi e sempre la fame. È stata una vittoria dei padroni quella di sbarazzarsi di una scomoda eredità socialista, per contrapporsi ai diritti vastissimi presenti in diverse esperienze socialiste, quale la tutela del lavoro, e, in situazione analoga ad un secolo fa, il despotismo reazionario continua a rafforzare la propria oppressione, e le votazioni non potranno salvare le istanze subalterne.
Infatti, i grandi NO agli importanti referendum chiesti, su tutti quello circa la privatizzazione dell’acqua, o quello greco riguardo la Troika, sono stati traditi dal parlamento eletto a suffragio universale, dalle varie rappresentaze falsamente definite democratiche della dittatura borghese, che persevera nella propria illusione d’un capitalismo eterno o, addirittura, etico.
Ciononostante, l’episodio totalitaristico dell’art.18 rafforza l’idea di una «gentile concessione temporanea» dei diritti, che, se fosse per la classe opprimente, non esisterebbero nemmeno, e dunque, per quanto si possa lottare, una volta radicata l’abitudine d’averli, mascherandone l’atto d’abolizione con una nuova conquista effimera, che verrà revocata a sua volta quando pesterà i piedi agli interessi borghesi.

Non dobbiamo farci fare delle concessioni, per quanto possano essere grandi, non dobbiamo lottare per pochi diritti alla volta, ma per il diritto d’essere liberi, dalla schiavitù salariata, dall’oppressione, e per la precisa volontà di lasciare a noi, ed alle generazioni future, un mondo dove la felicità non sia solo un idea astratta da raggiungere utopisticamente, ma che sia la realtà di tutti i giorni, l’essere felici.

– Compagno Emanuele

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