Partiamo dalla parola, dal lessico, cos’è il “sociale”?
Sociale, si definisce “sociale” una situazione/luogo/tempo, che ha un interazione con un numero plurale di persone. Partiamo dal fondo, dalla base, sembra banale eppure è tanto fondamentale. Charles Darwin, nel diciannovesimo secolo, scoprì o meglio capì il meccanismo dell’evoluzione della vita tramite la selezione naturale. Per Darwin era questa selezione naturale che faceva sopravvivere gli esseri meglio evoluti e adattati.
Gli interessi vitali degli esseri viventi sono due, quasi semplificabili in uno solo, sopravvivere e riprodursi per l’unico fine della sopravvivenza della loro specie. L’essere umano, a differenza di tutti gli altri esseri viventi sul nostro pianeta, possiede un cervello capace di fare sforzi intellettivi enormi che ci fanno autoconsiderare esseri intellettuali. Che vuol dire? Noi abbiamo la capacità di pensare in modo preciso e razionale al di fuori dei 2 principali bisogni vitali degli altri esseri viventi, noi possiamo pensare perdendoci nel nostro pensiero grazie al nostro sviluppo. Dunque l’essere umano è stato fin’ora capace di scoprirsi da solo nelle sue abilità dalla preistoria, al neolitico, all’epoca classica fino al rinascimento, al novecento e ai giorni nostri adoperandosi in primis per soddisfare il suo bisogno come essere vivente di sopravvivere e poi si è potuto permettere di esplorare tutta la sua abilità nel pensare e poi nel fare. Quindi l’uomo sfugge a una società puramente darwiniana dove una “selezione naturale” fa andare avanti il più forte rispetto al più debole, l’uomo è capace di far sopravvivere sia il forte che il debole, in un unico modo, collaborando. Qua nasce il sociale. Quando varie persone si trovano a coesistere in un insieme che può essere denominato con un luogo o un tempo o una situazione. I primi due, quasi sempre, vanno a definire il secondo (la situazione) che poi a sua volta incide sugli altri due, quindi un luogo fa una situazione che modifica il luogo e tutto è racchiuso nel tempo che cambia a seconda dei cambiamenti della situazione e del luogo.
Nel corso della storia questo processo viene spiegato in vari modi raggruppabili in due principali insiemi : chi crede nel fato, nel destino, e che lo svolgersi dei fatti sia spesso del tutto lecito e imprevedibile e quindi a qualcosa di non materiale e praticamente indimostrabile ; e quelli che credono che il luogo, il tempo e la situazione siano modificati da chi li vive, ovvero i materialisti. I materialisti per “modificati da chi li vive” intendono anche come stanno queste persone e come si comportano di conseguenza e poi il perché di come stanno ( le circostanze fanno l’uomo non meno di quanto l’uomo faccia le circostanze. Karl Marx). Karl Marx avanzò l’idea che il fattore principale è la produzione economica, che va a incidere sulla vita di ogni individuo, di ogni classe sociale e di ogni luogo e va a determinare la situazione di quel tempo e non per colpa di un improbabile destino ma a seconda delle azioni umane. Dunque se, la produzione economica, non ha vita propria e non c’è un fato già segnato che ha già stabilito il suo sviluppo, va controllata. E l’economia si controlla possedendo i mezzi di produzione. In una società piramidale capitalista ci sono poche persone che posseggono tutto e tanti poveri che cercano di arricchirsi lavorando per i ricchi nelle loro grandi multinazionali che diventano potentissime. Noi viviamo in un tempo in cui le multinazionali sono tanto potenti da denunciare gli stati o metterli sotto scacco. Il capitalismo è quindi un sistema competitivo e appunto piramidale dove solo chi fa fortuna può permettersi i lussi schiavizzando i più poveri, è anche un sistema insicuro da un punto di vista di durata dato che non si può prevedere, una multinazionale potrebbe perdere tutto o arricchirsi tantissimo a distanza di poco tempo, non c’è certezze nel capitalismo. Questo perché i mezzi di produzione sono nelle mani di poche persone che sono l’alta borghesia capitalista . Sempre Karl Marx con Friedrich Engels, criticarono il sistema liberista del capitalismo sia da un punto di vista economico che sociale. E dopo averne fatto un antitesi, ispirandosi ai fatti e agli ideali della Comune di Parigi, teorizzarono il comunismo.
Il comunismo innanzitutto non ha una società piramidale e a classi ma è un processo graduale nel quale vengono anche eliminate le classi sociali, e tutti vengono messi sullo stesso piano quindi una società orizzontale e non piramidale. Nel comunismo, poi, i mezzi di produzione sono posseduti dal proletariato che dopo la rivoluzione è semplicemente tutto il popolo. Quindi non esistono mezzi di produzione privati ma tutto è del popolo che è l’unico a comandare. Si fa molto spesso l’errore di dire o pensare che sotto il comunismo non esistano differenze tra le persone, quando invece noi siamo i primi a sostenere la bellezza delle diversità. Se le persone non fossero diverse tra di loro non potrebbe sopravvivere il comunismo che invece sfrutta le diversità per far confrontare tutti in una democrazia diretta autogestita dal popolo stesso che ne è l’unico partecipe. Quindi non è vero che nel comunismo non esistono differenze tra le persone, ma non esistono differenze sociali nel senso che nessuno è più ricco o più povero degli altri e tutti sono uguali perché nessuno vale più o meno degli altri. Marx diceva che “l’ideologia dominante è sempre stata quella della classe dominante”. Cioè, una persona nata sotto un sistema avrà un metodo psicologico differente da quello di un’altra persona nata sotto un sistema diverso, ad esempio c’è differenza tra un individuo della Grecia antica e un uomo medioevale medio o tra una persona nata nel liberismo sfrenato e conservatore statunitense e una persona nata in un villaggio in una steppa nel deserto del Gobi. In breve, una persona quando nasce è come se venisse sbattuta in una società, che può variare a seconda della classe dominante e dal sistema che essa impone, e quindi per natura di cose questa persona crescendo assumerà una psicologia che gli formerà un ideologia tutta relativa a quella determinata società. A meno che, qualcuno non riesca a dare inizio a una rivoluzione culturale, cambiando quindi la psicologia e l’ideologia di un tot di individui di determinata società.
Non scordiamoci infatti che il capitalismo è classista e che quindi ci saranno sempre, sotto esso, delle classi sociali più povere e svantaggiate, sfruttate dalle classi nobili e dominanti. Queste classi sociali saranno le prime colpite dalla rivoluzione culturale, questa rivoluzione culturale non deve assolutamente cadere in un populismo dove un gruppo ristretto di illuminati “gli arditi” aizzano le povere folle contro il potere borghese promettendo di fare buone azioni verso le classi povere. La rivoluzione culturale deve essere una fase di sicuro molto lunga e pacifica, dove, il popolo viene veramente acculturato e poi una volta che il popolo non è più ignorante, non un gruppo di arditi, ma il popolo stesso si può elevare a coscienza di classe. Infatti Marx dice “l’emancipazione della classe lavoratrice deve essere opera della classe lavoratrice stessa”. Nel comunismo, ovvero dopo la rivoluzione popolare e dopo l’appropriazione dei mezzi di produzione da parte del proletariato e dopo l’eliminazione dello stato, della proprietà privata e della valuta monetaria ; tutti lavorano. Tutti lavorano come? secondo che principio? secondo il principio “ da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo le proprie necessità”. Cioè, tutti lavorano facendo ciò che sanno fare e le loro abilità ( nel caso di individui disabili o anziani avranno un ruolo anche loro perché, per rispetto alla vera libertà, nessuno va escluso, es: gli anziani possono scrivere, insegnare ecc… e le persone disabili (a seconda di quanto è grave il loro handicap) possono fare anche loro lavori con l’aiuto della comunità). Tutti quindi lavorano secondo le proprie capacità, e poi a ognuno secondo le proprie necessità, quindi ognuno riceve ciò di cui necessità, nessuno di più nessuno dimeno e nessuno nulla, e tutte questi prodotti sono i prodotti delle capacità di ciascuno scambiati, distribuiti e che poi vengono consumati o utilizzati.
Nel comunismo non esiste l’etichetta di “mestiere”, nel comunismo oggi tu puoi fare il fornaio e stasera il prestigiatore poi domani sei studente e impari a pescare e il giorno dopo farai il pescatore mentre il tuo amico è di turno a fare il fornaio, e i pesci che prendi li condividi come tutti condividono il prodotto del proprio lavoro così che poi tutti avranno qualcosa. “ In linea di principio un facchino differisce da un filosofo meno che un mastino da un levriero. È la divisione del lavoro che ha creato un abisso tra l’uno e l’altro”. Questo dice Karl Marx a proposito della divisione del lavoro. In tutto il secolo scorso, la maggior parte, dei paesi che si sono poi definiti “socialisti” sono arrivati a tale stadio dopo una rivoluzione armata, che fosse popolare o meno. Ora tralasciamo il fatto che di tutti i paesi definitesi socialisti o comunisti solo pochi lo sono stati realmente (circa), di questo argomenteremo a seguito, ora concentriamoci sul loro mezzo ovvero queste rivoluzioni armate. Ora, lo dico chiaramente, Marx criticava la guerra non la rivoluzione; nonostante ciò lui parlava di una rivoluzione ben precisa con determinati particolari e attributi. Marx diceva che “ la violenza è la lavatrice di ogni vecchia società, gravida di una nuova società” ma diceva anche che il popolo, la classe lavoratrice, dunque il proletariato non deve essere liberato da un ristretto numero di “arditi del popolo” come invece sosteneva un certo Blanqui, il popolo deve ribellarsi e liberarsi da solo tramite la cultura elevandosi a coscienza di classe e popolare. Quindi prima della “vera rivoluzione” ci vogliono anche anni di rivoluzione culturale che le classi degli humiliores devono attuare su loro stessi, e quindi in ultima analisi la vera rivoluzione non è quella armata e violenta ma quella culturale. E più la rivoluzione culturale sarà stata efficiente e globale verso il popolo e meno sarà violenta e duratura la rivoluzione armata, se tutto il popolo si ribella dopo essersi elevato a coscienza di classe poi la violenza sarà poco necessaria e meno sangue verrà versato e meglio sarà.
Teoricamente se tutto il popolo si eleva a coscienza di classe i rivoluzionari non avrebbero neanche un esercito antagonista da combattere dato che anche i bassi ranghi dell’esercito si dovrebbero ribellare abbandonando i propri generali e superiori vari. Basterebbe una rapida presa di potere per scacciare i vecchi gerarchi capitalisti. Come, invece, dicevo prima, la stragrande maggioranza di quei paesi che nello scorso secolo si sono definiti socialisti o comunisti non lo sono in realtà stati. In primis per le incoerenze su base economica a Marx, quello più comune è stato l’applicazione in economia del capitalismo di stato, e poi per l’inesistenza di una reale società orizzontale ma anzi molto gerarchica e poco libera per le classi più povere verso la politica. Poi la maggior parte di questi paesi furono estremamente, troppo, autoritari e dispotici. Non ci sono degli esempi di paesi completamente coerenti al comunismo ( oltre alla Comune di Parigi a cui Marx si ispirò), ma ci sono parti diverse di vari contesti “socialisti” che presi singolarmente hanno però di fatti applicato Marx. Come la preparazione della rivoluzione d’ottobre o la rivoluzione culturale di Fidel Castro dal carcere e la grandissima partecipazione e appoggio popolare nella rivoluzione cubana e nella resistenza vietnamita di Ho Chi Minh contro l’invasione imperialista statunitense, e la forte presa di coscienza popolare cilena nei tre mesi che susseguirono un primo tentato golpe fino al colpo di stato filo-fascista americano nei quali mesi tutto il popolo presa coscienza della critica situazione del paese creando delle vere e proprie riunioni operaie consiliariste. Altri esempi sono l’internazionalismo e la prassi rivoluzionaria del comandante Ernesto “Che” Guevara o l’organizzazione universale neozapatista in Messico, la rivoluzione perpetua e mondiale di Trotzky e la critica al marxismo leninismo (più comunemente detto stalinismo) prima dei consiliaristi poi dei luxemburghisti della lega spartachista tedesca. Se c’è un Re ci sono dei sudditi, e i sudditi sono tali se c’è un Re.
Il proletariato mondiale è il più grande mezzo di produzione senza il quale l’alta classe borghese dominante non sopravviverebbe, il proletariato deve semplicemente acculturarsi e elevarsi a coscienza di classe; “tremino pure le classi dominanti di fronte a una rivoluzione comunista, i proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene” Marx. Dunque, per finire, noi siamo per una rivoluzione culturale universale in basso a sinistra del popolo sul popolo stesso per una efficace coscienza di classe e prassi rivoluzionaria, crediamo nel comunismo e nella libertà.
– Compagno Grimm